5 motivi per cui potresti perdere il lavoro, utilizzo chat e social network

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Il lavoro non è solo un diritto, un dovere, un impegno, un affanno. È un modo attraverso cui ci realizziamo come persone, attraverso cui cresciamo, esprimiamo la nostra personalità, diamo corpo alla nostra creatività.

La perdita del lavoro è un evento classificato dagli specialisti come uno dei più dolorosi che possano capitare, un vero e proprio lutto che disorienta e mette in discussione, che può provocare crisi esistenziali profonde.

La normativa che regola il rapporto di lavoro a tempo indeterminato definisce anche le fattispecie per cui si può essere licenziati, che sono sostanzialmente due: giusta causa e giustificato motivo. Tralasciando le spiegazioni dottrinali delle casistiche previste dalla legge, vogliamo trattare quei casi, desunti dalla giurisprudenza, in cui il lavoratore si è trovato a perdere il lavoro a seguito di sanzione disciplinare per un comportamento assunto o un abuso fatto, senza essere, probabilmente, pienamente consapevole della gravità.

L’intento è quello di mettere in guardia dal sottovalutare la portata di alcune azioni abituali, che possono far incorrere in problemi legali, sanzioni disciplinari o addirittura farci perdere, appunto, il posto di lavoro.

Utilizzo delle chat e dei Social network

Si sa che il controllo compulsivo del proprio cellulare può rivelarsi una dipendenza ed è difficile che si possa pretendere che un lavoratore, durante l’orario di lavoro, eviti di controllare le notifiche o di leggere e inviare messaggi whatsapp, instagram o similari. Facciamo però attenzione al tempo che dedichiamo a tali attività; è una questione di misura e di buon senso.

Prestiamo molta cautela anche alla presenza sui social network in orario lavorativo; ovviamente il consiglio è di evitare di usare i device aziendali per andare sui propri personali profili social. Con la sentenza n. 782 del 13 giugno 2016 il tribunale di Brescia ha giudicato legittimo il licenziamento intimato ad una lavoratrice sorpresa a utilizzare il computer aziendale per accedere, nelle ore d’ufficio, a social network, giochi, musica e altre attività estranee allo svolgimento della prestazione lavorativa. Anche se si usa il proprio cellulare è meglio essere prudenti, evitando di pubblicare post in orario di lavoro.

Non si è al riparo nemmeno fuori dall’orario di lavoro, se il contenuto del nostro post o commento è di carattere denigratorio nei confronti dell’azienda che ci paga lo stipendio. Persino un semplice “like” che sostenga un commento offensivo può essere usato dal datore di lavoro in tribunale (Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12/11/2018 n° 28878).

Nonostante il diritto alla privacy, è bene stare attenti anche a ciò che si scrive nelle chat, pure se il gruppo è chiuso e non è presente il datore di lavoro tra i partecipanti; lo screen shot o la registrazione possono costituire prova documentale per irrogare sanzioni disciplinari gravi (Tribunale di Vicenza, sentenza del 14 dicembre 2017 n. 778). In alcuni casi, per ora non nel nostro settore, si è arrivati anche al licenziamento, come riporta Il Sole 24 ORE in un articolo pubblicato lo scorso anno a firma di Marisa Marrafino.