Come si sta nel Partito Democratico e come ci stanno le donne democratiche?

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Il mio intervento nella direzione nazionale del Pd ha preso le mosse da queste due domande.
Oggi, nel tempo profondamente sconvolto dal Covid, abbiamo un maniacale bisogno di ridefinire la nostra identità. Ma non possiamo farlo aprendo una conta interna. Possiamo farlo solo riappropriandoci del metodo di Piazza Grande, del confronto, del dialogo con la società e anche di un profilo conflittuale, se c’è la giusta serietà.
Riappropriandoci dello stile che rifugge il potere per il potere, ma che interpreta coi comportamenti il potere al servizio delle persone. La questione femminile sta tutta qui.
Le donne sanno molto autorevolmente interpretare lo stile del potere per servire, con competenze e merito. Il nostro errore è stato quello di sottrarci per troppo tempo alla dinamica del conflitto, che nella storia è quella che ha prodotto le vere conquiste nella parità di genere.
Noi donne dobbiamo essere le prime a correggere i nostri errori, ma il vero conflitto per la promozione della parità di genere nel Pd, nelle istituzioni, nella società, lo dobbiamo aprire con il nostro stile, con il nostro essere competenti, lungimiranti, capaci di muovere il consenso.
Competenza, visione e consenso è il mix che dovremo usare in questo tempo di ricostruzione.
Occorre riprendere il filo dell’autenticità delle posizioni politiche, non solo della tattica, dentro questa comunità e nel Paese, insieme a una rinnovata conflittualità positiva. Questa è l’unica prospettiva di fertilità per il nostro partito.
Noi agricoltori sappiamo bene che chi semina grano non raccoglie gramigna, questo sia il tempo allora per una nuova ed energica semina, nella chiarezza. Perché, nonostante i nostri difetti, noi del Pd siamo gli unici in grado di farsi carico dei bisogni delle persone.