Costo del denaro di Gianfranco Torriero

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(Vice Direttore Generale dell’ABI)

Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

Il costo del denaro rappresenta la somma dovuta come compenso per prendere a prestito una certa quantità di moneta per un certo periodo di tempo; in altri termini, esso comprende il tasso di interesse sulle operazioni di finanziamento e gli altri elementi di costo eventualmente associati al finanziamento (es. commissione per l’istruttoria fido). Nella pratica, quando si parla di costo del denaro, spesso si fa riferimento al tasso ufficiale di sconto applicato dalla Banca Centrale (come ad esempio la Banca Centrale Europea – BCE) ai prestiti concessi alle banche commerciali che ne fanno richiesta. Ad esempio, se il costo del denaro è pari al 3% annuo, significa che per prendere a prestito 100 euro dalla Banca Centrale, alla fine dell’anno, le banche commerciali dovranno restituire 100 euro più 3 euro di interessi. Da un punto di vista macroeconomico tale tasso svolge un ruolo fondamentale perché rappresenta un indicatore importante per stabilire i tassi di interesse su altre operazioni di finanziamento, anche nei confronti di famiglie ed imprese. Solitamente, quando la crescita economica è talmente sostenuta da creare tensioni sui prezzi, la Banca Centrale aumenta il costo del denaro. In questo modo la domanda di prestiti diminuisce, perché la somma dovuta come compenso è relativamente maggiore rispetto a periodi in cui il costo del denaro è più basso. In tal caso, consumi e investimenti diminuiscono, l’attività economica rallenta e le tensioni sui prezzi si allentano. Viceversa, quando la crescita economica è bassa o addirittura negativa, la Banca Centrale riduce il costo del denaro per stimolare consumi e investimenti.