Debito pubblico di Giovanni Sabatini (Direttore Generale dell’ABI)

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Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

“Debito pubblico” è un termine piuttosto conosciuto. Se ne parla nei telegiornali, viene evocato nelle discussioni fra conoscenti. La ragione è semplice: il debito pubblico è il debito dello Stato e riguarda tutti i cittadini che abitano in quello Stato, quindi ciascuno di noi. Anche per questo è interessante capire meglio cosa significhi questo termine.
Per l’esattezza, il debito pubblico è l’insieme dei debiti dell’amministrazione centrale dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche (regioni, comuni ecc.). Queste passività si accumulano nel tempo, in modo simile a come si formano i debiti all’interno delle nostre famiglie. Ogni anno infatti ci sono alcune entrate e alcune uscite. Nelle famiglie le entrate sono soprattutto gli stipendi e le pensioni, mentre le spese riguardano l’acquisto del cibo, dei vestiti, i mezzi di trasporto ecc. Nello Stato le entrate sono soprattutto le tasse che pagano i cittadini e le imprese, mentre le spese riguardano i servizi offerti ai cittadini come le scuole, gli ospedali, la manutenzione delle strade e molto altro.
Se le spese sono maggiori delle entrate, allora i conti pubblici non sono in equilibrio e si ha un disavanzo. Se tale situazione si ripete nel tempo, la somma dei disavanzi accumulati negli anni e non ripianati va a formare il debito pubblico. Per quanto riguarda il nostro Paese, il debito pubblico esiste sin dall’unificazione avvenuta nel 1861, ma negli ultimi anni ha avuto una crescita particolarmente forte. Per acquisire le risorse finanziarie che consentono allo Stato di sostenere una spesa più elevata rispetto alle proprie entrate, vengono emessi “titoli di Stato”: si tratta di prestiti che la pubblica amministrazione chiede a privati ed enti, nazionali e internazionali, impegnandosi a restituirli entro una certa data e pagando un certo interesse in cambio del prestito ricevuto.
Per comprendere la portata del debito pubblico, non è tanto importante il suo valore assoluto, ma il rapporto con l’economia del Paese, ossia la capacità di produrre beni e servizi. Se uno Stato ha un debito elevato ma anche un’economia sviluppata e dinamica, si può ritenere che abbia la solidità economica e finanziaria per far fronte ai propri debiti. Per questo il debito pubblico viene generalmente espresso in rapporto al PIL, che misura la ricchezza prodotta dal Paese in un anno, e non in valore assoluto. Un ragionamento simile si può applicare alle persone: un debito di 1.000 euro per uno studente che non lavora è una somma notevole, mentre un adulto con un salario mensile di 1.500 euro non dovrebbe avere difficoltà a restituirli nel giro di alcuni mesi.
Va sottolineato che il debito ha dei costi: come già si diceva, lo Stato deve pagare un interesse a quanti – persone, banche o altri soggetti – gli prestano le somme di cui ha bisogno. L’ammontare di questi interessi dipende da diversi parametri. Uno dei più importanti è la solidità finanziaria dello Stato e quindi la capacità di rimborsare tale debito. Se gli investitori la reputano buona chiede- ranno un interesse contenuto, altrimenti presteranno il proprio denaro solo in cambio di un interesse (ossia di un guadagno) più alto, poiché riterranno maggiore il rischio di vedere la somma prestata restituita in ritardo o addirittura non restituita. Il termine spread, che sembra difficile da capire, non è altro che la differenza fra i tassi d’interesse pagati da due Paesi ai soggetti che prestano loro capitali. Nei fatti, lo spread sta a indicare il giudizio degli investitori sulla maggiore o minore solidità dei diversi Stati.
Il debito pubblico riguarda tutti, perché uno Stato indebitato deve attuare politiche di austerità: non può usare tutte le sue risorse per i servizi – dalle scuole ai trasporti pubblici a molto altro – ma deve destinarne una parte consistente a restituire i debiti contratti e pagare gli interessi. Talvolta l’austerità non basta e c’è bisogno di aumentare le tasse, quindi sottrarre ricchezza ai cittadini.
Si comprende perché viene spesso invocata la necessità di combattere gli sprechi della pubblica amministrazione. Una gestione virtuosa rende possibile un avanzo nei conti dello Stato e può contribuire a ridurre il debito pubblico. È molto importante anche la crescita economica del Paese, che permette di mantenere un buon rapporto debito/PIL e di incrementare le entrate fiscali dello Stato senza bisogno di nuove tasse.