Fermiamo la colata di cemento che sta per riversarsi sulle coste sarde!

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C’è una strategia. Le ultime mosse della maggioranza Lega- Psd’az che governa la Sardegna paiono, a prima vista, scomposte, prive di un filo logico, senza un orizzonte, ma non è tutto come appare. Questa partita a scacchi ha un fine ultimo, che noi vogliamo raccontare.

Abbiamo discusso e preteso attenzione nella commissione competente, nessuna risposta, troppi appetiti e il premio in palio è enorme.
Non abbiamo avuto altra scelta, abbiamo un’unica strada, presentare emendamenti. Sono 1000.

Ciò a cui ci stiamo opponendo con tutte le nostre forze e con sarda testardaggine non è il piano casa, minestra riscaldata che abbiamo prorogato nelle scorse settimane, ma il tentativo della maggioranza di approvare con la scusa della Sassari-Alghero e della Olbia-Arzachena (arterie fondamentali per l’economia della nostra isola), una interpretazione autentica dello stesso piano paesagistico regionale per eliminare tutti i vincoli sulla fascia costiera riaprendo la strada a aggressioni cementificatrici, una interpretazione autentica con effetto retroattivo che farà decadere l’obbligo della co-pianificazione Stato-Regione facendo risorgere dalle ceneri gli interventi che lungo le coste sono stati bloccati, mentre la Regione diventerà così l’unico ente a decidere sui progetti da autorizzare nelle zone F (turistiche), nelle zone E (agricole) e sui beni identitari.

Ma non è finita. Questo è il primo passo, il grimaldello, un piede di porco che, una volta scardinato il piano paesagistico regionale aprirà la strada al nuovo ddl sull’edilizia deliberato a dicembre dalla Giunta Solinas ma non ancora arrivato in commissione. I benefici (volumetrici) per i “prenditori” saranno immediati, con la compravendita di volumi edificabili tra Comuni non contigui, con il lotto minimo nelle zone agricole che passa da tre ettari ad uno, con incrementi volumetrici che passano da settanta a novanta metri cubi sul patrimonio esistente e incrementi da 150 metri cubi lungo le coste che oggi non sono permessi.

Contavano di piegarci in aula, di logorarci, di farci arrendere per stanchezza, ma non hanno fatto i conti con la nostra determinazione, con la passione per la nostra terra che ci dà forza e coraggio.

Dopo due sedute di Consiglio, una da 11 ore e l’altra da 10 iniziano a rendersi conto che non ci arrenderemo, che la battaglia in aula, nonostante i numeri non ci siano favorevoli, è ancora lunga e che la combatteremo con il coltello tra i denti fino alla fine.