La Lombardia calpesta ancora una volta la legge 194

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La maggioranza di centrodestra che ammorba la Lombardia (in senso letterale, visto i disastri combinati alle prese con il coronavirus tra l’assessore Gallera e il presidente Fontana, tra l’assessora Moratti e l’esperto Bertolaso) ha bocciato una legge di iniziativa popolare (lo si può dire con certezza “popolare”, visto che aveva raccolto senza nessuna pubblicità quasi ottomila e cinquecento firme), legge che prevedeva un aiuto alle donne che avessero deciso di ricorrere all’aborto, come prevede e consente una legge dello stato, la legge 194, approvata dal parlamento italiano più di quarant’anni fa. Una legge, come mi viene da pensare, rimasta nella evoluta Lombardia a metà, oppure a un terzo, visto che il 66 per cento dei ginecologi lombardi si dichiara obiettore di coscienza (anche questo è consentito dalla 194) e che in alcune zone (in Valtellina, ad esempio) l’obiezione è totale.
“Un voto che sa solo di ideologia”, commentava un amico, attivamente cattolico. Non lo so. A me pare un voto che sa soprattutto di pregiudizio, di ostilità, di violenza, di ottusità di fronte ad una proposta che in fondo poco pretendeva, che voleva che in qualche modo le strutture pubbliche accompagnassero le donne in una situazione mai facile, che vi fossero informazione, formazione per prevenire…
Il contenuto della proposta

La legge, presentata da +Europa, promossa da varie associazioni, tra cui la “Luca Coscioni”, i Radicali Italiani e la “Enzo Tortora Milano”, sostenuta dal Pd e dal Movimento Cinque Stelle, sosteneva la creazione di un centro regionale di informazione e coordinamento che monitorasse l’effettiva applicazione della legge; la possibilità che i farmaci prescritti per l’interruzione farmacologica della gravidanza fossero proposti e somministrati anche dai consultori familiari; che infine gli ospedali facessero opera di prevenzione offrendo farmaci e dispositivi contraccettivi…

Niente di rivoluzionario, niente di diabolico, nessun incitamento al peccato, ma semplicemente alcune azioni per consigliare ed, eventualmente, accompagnare, per cancellare ogni tentazione al “faidate” privatistico. Per assistere, per aiutare, dunque.
Ma la lungimirante maggioranza di centrodestra a marchio leghista-salviniano ha preferito bocciare uno per uno tutti gli articoli della legge, che non è stata neppure quindi sottoposta la voto finale, cancellando anche l’occasione di una discussione generale.
Sarebbe stato interessante, ad esempio, ascoltare l’assessora al welfare, competente quindi: comunque Letizia Moratti si era messa al riparo restandosene a casa e lasciando il compito dell’intervento al suo predecessore, il noto Giulio Gallera, che nella vita precedente (siamo nel 2018) aveva fatto intendere di poter accogliere alcune indicazioni. Lasciata la poltrona, ha deciso che poteva rimangiarsi tutto, allineandosi alle posizioni della assessora alla famiglia, Alessandra Locatelli, autentica regista del “no” passo dopo passo, leghista di cristallina fede salviniana.
I misfatti della Locatelli

Proprio la Locatelli che da vicesindaco di Como aveva vietato l’accattonaggio e persino l’offerta di un piatto caldo ai poveracci dispersi tra le strade della sua città, che aveva strappato le coperte degli homeless che dormivano o giacevano in strada, che aveva ordinato di innaffiare con gli idranti i clochard che stazionavano sotto i portici di una chiesa, addossati ai muri per ripararsi da un acquazzone. Pulizia, al cento per cento, secondo la vicesindaca, adesso assessora, tra una carica e l’altra ministra alla famiglia nel governo giallo verde. Di lei si annovera un’altra ragguardevole impresa in riva al lago di Como: in municipio avrebbe intimato di togliere dalle pareti degli uffici il ritratto del presidente Mattarella, “perché –questo il suo illuminato parere – non rappresentava più un garante imparziale dei cittadini”.

A fine giornata la medesima Locatelli aveva trionfalmente sintetizzato: “Regione Lombardia è in prima linea per offrire interventi concreti e mirati per la famiglia…”. E infatti aveva millantato il numero dei consultori: peccato che, sebbene la 194 prescriva un consultorio ogni ventimila abitanti, in Lombardia ce ne sia solo uno ogni sessantamila, con un’incidenza sul territorio dello 0,3 per cento.
CL e Lega: le mani sulla sanità

Non bastasse il covid, siamo ad una nuova esibizione del centrodestra lombardo, esibizione improntata all’arroganza e di una concezione totalitaria del potere: comandiamo noi, punto i e basta. Se si reclamasse una prova del degrado della politica, dell’incapacità di confrontarsi con le idee degli altri, eccola servita, condita peraltro dal silenzio diffuso e tollerante, insopportabile di fronte a una violenza, tanto più odiosa quanto più responsabili (per non dire modeste) paiono le misure proposte (“Aborto al sicuro” il titolo). La cultura padronale della Lega (non solo quella salviniana) ha segnato un altro punto: forse di poco conto rispetto al conflitto combattuto tra ciò che era Comunione e Liberazione di Formigoni e i presidenti leghisti, in gara da decenni per metter le mani sulla sanità lombarda, la voce decisamente più ricca del bilancio regionale, nella logica più brutale della spartizione e dell’accaparramento. Le conseguenze le stiamo verificando, oltre ogni aspettativa…                                Di Oreste Pivetta