Referendum, D’Incà ribadisce il no: “Taglio parlamentari non pregiudica operatività delle Camere”

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“Nessun problema di operatività delle Camere si verificherà in seguito della approvazione della riforma costituzionale e dunque nemmeno questa obiezione è valida per non votare sì al referendum dal 20 e 21 settembre prossimi”. Lo ribadisce il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà replicando all’appello dei costituzionalisti per il no.

“La riforma per la riduzione del numero dei parlamentari – sostiene D’Incà – viene criticata da alcuni perché il numero ridotto dei parlamentari non consentirebbe alle Camere, ed in particolare al Senato, di lavorare adeguatamente. Si tratta però di una critica infondata. La capacità di una Camera di svolgere la funzione legislativa non dipende dal numero dei suoi componenti. Infatti, le Camere nel mondo, pur svolgendo dappertutto sostanzialmente le medesime funzioni, sono composte da un numero molto variabile di membri. La Camera dei rappresentanti del Belgio, per esempio, ha 150 membri, mentre il Bundestag tedesco ne ha 709 (in entrambi gli stati, poi, esistono senati con un numero ridottissimo di membri non direttamente eletti). Inoltre, la prova provata che non è il numero che determina la capacità di una Camera di attendere ai suoi compiti è data dal nostro stesso sistema: già oggi il Senato, di 315 componenti elettivi, fa le stesse identiche cose della Camera, che ne conta il doppio, ossia 630. Il nostro Senato inoltre ha già funzionato per una decina di anni con un numero di componenti simili a quelli che uscirebbero da un sì alla riforma. Nella seconda e terza legislatura, infatti, il Senato era composto di 230 membri circa, e nessuno ha mai lamentato difficoltà di funzionamento”. “Si dice infine: però il Parlamento è articolato in Commissioni e, con i numeri ridotti, le Commissioni diventano troppo piccole. Questo è senz’altro falso con riferimento alla Camera, dove le Commissioni oggi sono composte di 45 componenti, che è un numero eccessivamente elevato perché possano operare agevolmente. Con la riduzione del numero, alla Camera ogni Commissione si comporrà di 28/29 membri, un numero che garantirà un lavoro migliore. Del resto, tutti sanno che i collegi pletorici hanno più difficoltà a lavorare bene che non quelli più snelli”. “Al Senato, in effetti, le Commissioni diventerebbero probabilmente troppo piccole: oggi hanno 23 componenti che scenderebbero a circa 16. Tuttavia, al Senato si potrà agevolmente ridurre il numero delle Commissioni da 14 a una decina, riportando il numero dei senatori per Commissione a una ventina circa. È stato obiettato: ma perché allora questa riduzione delle Commissioni non è stata già fatta? La risposta è semplice: per ridurre il numero delle Commissioni, che è stabilito dai Regolamenti parlamentari, occorre attendere l’approvazione definitiva della riforma costituzionale da parte degli elettori. Infatti, fino alla prossima legislatura i senatori resteranno 315 e nel tempo che intercorrerà tra l’approvazione del referendum e le elezioni del 2023, si potrà procedere alla modifica dei regolamenti”, conclude.