Shady Habash è morto il 1 maggio 2020 nelle carceri d’Egitto di Tora a sud del Cairo

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lo stesso in cui è ancora detenuto Patrik Zaky, lo studente dell’Università di Bologna per cui si sono mobilitati i difensori dei diritti umani di tutto il mondo. Le cause della morte di Shady, in prigione da più di 2 anni per un videoclip satirico contro il presidente Abdel Fattah al-Sisi, non sono ancora chiare.

Si ipotizza morte per Covid, avvelenamento o addirittura tentato suicidio, ma potrebbe essere anche deceduto in seguito alle torture e violenze subite in prigione. Habash aveva lanciato un grido di allarme che purtroppo è rimasto inascoltato, ed è morto senza mai essere stato processato e con continui rinvii delle udienze. Un metodo, quello egiziano, oltre che ingiusto, che logora centinaia di detenuti da oramai troppo tempo. Secondo la legge nazionale, il limite di detenzione preventiva, senza un processo, è di due anni.

Per il regista 22enne il periodo era scaduto il 1 marzo. “ Io sono ancora in prigione e ogni 45 giorni devo andare davanti ad un giudice che mi dà altri 45 giorni senza guardare in faccia me né i documenti (…)”, ha scritto Shady in una lettera nell’ottobre del 2019.

Quanti esseri umani dovranno ancora subire questo trattamento disumano?

Yana Ehm