Una incredibile rotonda quadrata

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BRESCIA – C’era una volta un’incantevole e vivacissimo paese dell’estrema periferia della Provincia di Brescia, frazione di quel grande e antico centro abitato che è Bagolino, sviluppatasi alla metà del diciannovesimo secolo, sull’asse stradale di fondo valle, un collegamento dell’allora Lombardo-Veneto con l’Impero Austroungarico, oltre alla Valcamonica e al Lago di Garda, quel paese era Ponte Caffaro; comunità eterogenea, inevitabilmente, elegante, mentalmente aperta data anche la posizione geografica di località di confine. Ponte Caffaro, come migliaia di altri tessuti urbani, venne da subito edificato a ridosso della strada principale, quella che a suo tempo con l’avvento della Repubblica venne denominata Strada Statale 237 del Caffaro, che inizia a Brescia, entra in Trentino e termina in località Sarche. Fino agli anni ’60 del ventesimo secolo, il suo centro abitato principale era a ridosso del ponte sul torrente Caffaro, ovvero da sud iniziava poche centinaia di metri sotto la Chiesa parrocchiale, a nord terminava nell’immediatezza del ponte. Era anche ricco di arbusti, piante di Tiglio molto belle in fianco alla strada principale sin dalle prime case a sud, fino a poco dopo la Chiesa; poi salendo verso il ponte, dalla Chiesa la strada venne trasformata in falso piano in salita per portarla alla quota del nuovo ponte edificato dopo l’alluvione del 1906 che portò via quello vecchio più basso e più a monte, sempre a costeggiare la strada c’erano delle bellissime piante di Noce, fino al ponte stesso. C’era il colore della natura, buono anche per gli occhi, ovvero per l’igiene mentale. C’erano decine di colorite attività commerciali, tra queste, due panifici, sei negozi di tessuti ed abbigliamento, sette negozi di alimentari, due negozi di calzature, un calzolaio, due macellerie, tre alberghi, nove Osterie-Bar, due negozi di casalinghi, aperte per vocazione morfologica e geografica, grazie al territorio quasi totalmente pianeggiante, o falso piano, e grazie al significativo punto di passaggio e quindi anche di fermata prima di entrare nell’Impero divenuto poi territorio italiano, Trentino; come non ricordare lo storico “Bar al Ponte” della famiglia Palazzini, ultima casa sul lato destro andando in Trentino, o l’antica Scuola che prima ancora era stata sede della Guardia di Frontiera, ultima casa sul lato sinistro andando in Trentino, oggi proprietà della famiglia Braga; e come non ricordare l’antico “Palazzo Caffaro dei Conti Lodron”, architettura pregiatissima, situato sul lato sinistro della strada, già oltre il ponte e un po’ all’interno, edificato a ridosso del torrente Caffaro quando lì era Impero Austroungarico, con un’ortàglia ricca e attraente che iniziava al cancello principale ed arrivava contro il Palazzo. Tutto questo era l’assetto architettonico principale dell’incantevole e attraente centro abitato di Ponte Caffaro. E in centro a tutto questo c’era, e c’è ancora anche se ammalorato e con dimensioni ormai inadeguate al traffico, il ponte edificato in seguito all’alluvione del ‘906. Le amministrazioni competenti, all’inizio del secondo decennio del duemila, cominciarono ad ipotizzare varie soluzioni progettuali per rinnovare e quindi adeguare quel punto nevralgico della viabilità tra la Lombardia ed il Trentino; ricordo che all’epoca lessi sulla stampa vari dibattiti; poi, e non è ancora chiaro di chi sia stata la volontà di ideare un progetto d’una incredibile “rotonda quadrata”, andarono a realizzare quel ponte parallelo al ponte esistente, ma staccato di circa 20 metri, quindi deviando con una doppia “chicane” la strada principale, per forza, data la distanza del ponte nuovo dal ponte vecchio, e per consentire agli automezzi nel senso di marcia che dalla Lombardia vanno in Trentino di transitare su quel nuovo ponte tagliarono le bellissime antiche piante di Noci, spostarono la carreggiata della strada togliendo parcheggio allo storico “Bar al Ponte”, danneggiandolo, ed eressero un inconcepibile e dannoso muro davanti alle finestre della già esistente abitazione dell’inizio di Via San Valentino, a contenimento della strada alzata di quota per poter entrare nel nuovo ponte. In queste ultime dieci righe ho sinteticamente descritto il cattivo frutto di un caso di amministrazioni pubbliche gestite da tecnici e politici che sono privi del senso del bello e del funzionale; quel ponte nuovo parallelo, oggi, dopo quattro anni dalla sua realizzazione, e circa 3.600.000,00#euro di Denaro pubblico speso, non è ancora aperto perché non si può collaudare in quanto un camion autoarticolato non ci passa, s’incastra. Questa situazione va oltre l’assurdo, perché oltre ad essere esteticamente bruttissimo, quel ponte che ha determinato una rotonda quadrata, è inutilizzabile, e pertanto è stata anche sprecata un’ingente quantità di Denaro pubblico. Ma qualcuno ne verrà individuato quale responsabile? Non si legge ancora nulla in merito alle responsabilità; eppure un progettista ci sarà, e vari uffici che hanno approvato il progetto ci saranno; queste competenze saranno state pagate? Penso che a questo punto le varie pubbliche amministrazioni dovrebbero azzerare tutto, demolire quel brutto ed inutile nuovo ponte e il muro eretto su via San Valentino, farsi risarcire da chi a sbagliato, fin dove è possibile, ridare così ossigeno a quel bellissimo tratto di territorio, con la vista sul torrente che sorge sui monti di Bagolino, e poi progettare una rotonda spostando di una ventina di metri il Monumento ai Caduti, che ci sta, e al centro della rotonda mettere quel che si può dell’antico attuale ponte, ben illuminato e con due gruppetti di statue di soldati in divisa storica alle estremità; così facendo si ridarà bellezza estetica a quel luogo, e nel contempo si valorizzerà la dignità della storia di quel ponte e di quelle comunità; non è difficile, è sufficiente volerlo ed avere l’umiltà di farsi consigliare dai competenti.

(Gianluca Bordiga)