6 FEBBRAIO: NESSUN PASSO INDIETRO CONTRO LA LOTTA AL MGF

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6 febbraio, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili (MGF). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 200 milioni di donne nel mondo, e che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno.
Il fenomeno riguarda oggi più di 500.000 donne e ragazze in Europa e 80.000 in Italia. Con l’aumentare dei flussi migratori, le Mgf ci riguardano sempre più da vicino: il gruppo maggiormente colpito è quello delle donne nigeriane che, insieme a quello egiziane, costituisce oltre la metà delle donne con mutilazioni genitali. Queste consistono nella parziale o totale rimozione della parte esteriore dei genitali femminili in età molto giovane, per mezzo di attrezzi rudimentali, causando ferite e cicatrici che per tutta la vita provocano danni cronici, infertilità e spesso la morte. Le comunità dove le Mgf sono praticate e festeggiate come un rito di passaggio verso l’età adulta e il matrimonio, sono dominate da tradizioni patriarcali, in cui le donne sono spesso vittime di altre forme di abuso, inclusi i matrimoni precoci, come Siria, Yemen e addirittura la Turchia. Solitamente sono le donne stesse a tramandare queste usanze, soprattutto per garantire un futuro alle proprie figlie, o per mantenere un forte legame con la tradizione del proprio paese d’origine. In realtà però, sono una forma di violenza di genere e una grave violazione dei diritti umani. Gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione considerano le MGF delle forme di persecuzione per appartenenza a un particolare gruppo sociale. Nel 2006 è stata approvata la legge che punisce ogni forma di mutilazione genitale.

Il grande lavoro da fare è però culturale: oltre a punire, bisogna educare le donne, e gli uomini, sulle gravi ripercussioni che questa tradizione porta con sé, ed evitare che le nuove generazioni abbandonino per sempre questa pratica.

Yana Ehm