Acidosi tubulare renale distale: conoscerla significa diminuire il rischio di danni a lungo termine

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I dati indicano che molti pazienti tendono a trascurarsi nella transizione dall’età adolescenziale all’età adulta, con un incremento del rischio di malattia renale cronica

L’acidosi tubulare renale distale (dRTA) è una patologia infida, che si presenta nei bambini con sintomi vaghi. Per questa malattia esiste una terapia apparentemente semplice da assumere, che risolve la sintomatologia più evidente e sembra restituire una vita normale ai pazienti. La situazione, così riportata, non parrebbe indicare quadri gravi, ma per questa rara tubulopatia è vero esattamente il contrario. La dRTA, infatti, può avere pericolosi effetti a lungo termine e i pazienti, una volta adulti, possono trovarsi a dover fronteggiare un’insufficienza renale sviluppatasi proprio come conseguenza dell’acidosi.

Si dice che il più grande inganno del diavolo sia stato di far credere agli uomini che non esista: parafrasando questa frase si potrebbe affermare che l’inganno dell’acidosi tubulare renale distale consista nel non sembrare una malattia grave. Per correggere questo fraintendimento è necessaria una valutazione globale che un folto gruppo di ricercatori europei ha svolto e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nephrology Dialysis Transplantation. “L’acidosi tubulare renale distale è una patologia con un’incidenza stimata inferiore a 1 caso ogni 100.000 nati”, precisa la dott.ssa Luisa Murer, dell’Unità di Nefrologia Pediatrica, Dialisi e Trapianto presso l’Azienda Ospedaliera di Padova. “Per questo motivo è importante studiarla da un punto di vista internazionale, prendendo in esami il maggior numero possibile di pazienti. A livello europeo, attraverso ERKnet (European Rare Kidney Disease Reference Network), la rete di riferimento per le patologie nefrologiche pediatriche e dell’adulto, sono stati raccolti 331 pazienti rispondenti alla definizione di acidosi tubulare renale distale, provenienti da 29 Paesi diversi. Tutto ciò conferma quanto sia importante promuovere la discussione tra i diversi gruppi di lavoro, nazionali ed europei, con particolare riguardo all’evoluzione della malattia dal paziente pediatrico all’adulto”.

L’articolo pubblicato nasce da un’iniziativa delle Reti Europee di Riferimento (ERN) per le malattie rare. Oltre a ERKnet sono stati coinvolti i gruppi di lavoro dedicati alle patologie renali (ERA-EDTA) e ai disordini renali ereditari (ESPN, Società Europea di Nefrologia Pediatrica) allo scopo di raccogliere un volume di dati consistente in relazione a pazienti di tutta Europa. In tal modo si spera di poter disporre di una fotografia completa della dRTA, anche in prospettiva futura, perché la mancanza di dati sul lungo periodo contribuisce a sottostimare gli effetti dell’acidosi tubulare renale distale. “È stata inviata una mail a tutti i nefrologi che rientrano nelle reti ERKnet e ERA-EDTA invitandoli a fornire i dati di pazienti con una diagnosi clinica di acidosi tubulare renale distale ereditaria”, prosegue Murer. “L’architettura del database permette di inserire sia i dati genetici che quelli sulla funzionalità renale, sul controllo metabolico, sulla regolare condizione di crescita, sull’integrazione alcalina e sulla perdita dell’udito da parte dei pazienti. Dall’analisi delle informazioni ottenute è stato possibile osservare che la sordità neurosensoriale è risultata prevalente nei pazienti con mutazione autosomica recessiva del gene ATP6V1B1 (88% dei casi), rispetto ad ATP6V0A4 (36%) e SLC4A1 (6%). Sono state identificate delle varianti legate ad altri geni, quali FOXI1, e per questo è fondamentale proseguire la ricerca e scoprire nuovi geni potenzialmente associati alla malattia o ad alcuni suoi sintomi”.

I bambini affetti da acidosi tubulare renale distale presentano basse quantità di potassio nel sangue ed elevate concentrazioni di calcio nelle urine. Ciò determina l’insorgenza di nefrocalcinosi che può condurre a disfunzioni a livello del rene con il successivo prodursi di insufficienza renale. Nell’articolo emerge chiaramente che la malattia si comincia a mostrare mediamente tra il primo mese e il secondo anno di vita con un rapporto maschi:femmine di circa 1:1. “Occorre iniziare immediatamente una terapia adeguata”, afferma l’esperta. “I bambini piccoli devono assumere la giusta quantità di bicarbonati per favorire il controllo metabolico. Si conoscono più di 30 diverse formulazioni alcaline e il dosaggio degli alcali nei primi anni di vita deve essere maggiore, presumibilmente per riflettere il più alto tasso metabolico dei bambini che richiede un apporto calorico superiore. Si passa quindi da un valore di 10 mEq/kg al giorno nei bambini, ad un valore di 2-3 mEq/Kg, per raggiungere il controllo metabolico dell’acidosi, valutato con la concentrazione plasmatica di bicarbonato e con quella urinaria di calcio. Nel nostro studio è stata raggiunto in circa la metà di tutti i pazienti”.

Il controllo dell’acidosi contribuisce all’attenuazione dei sintomi ma l’instaurarsi di un regime terapeutico che dura per l’intera vita del paziente solleva la questione dell’aderenza terapeutica, specie nel passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta, quando la quantità di bicarbonato scende, in riposta alle necessità dell’organismo. “È molto difficile seguire i pazienti nel follow-up”, spiega ancora Murer. “Abbiamo osservato che più dell’80% degli adulti va incontro a problemi renali anche di stadio avanzato. La terapia deve essere seguita per ridurre i rischi. Nello studio da noi pubblicato il 90% dei pazienti è stato rivalutato in un periodo di follow-up mediano di 10 anni e per quanto riguarda la funzionalità renale circa un terzo di essi presentava una patologia renale cronica di grado compreso tra 2 e 4. Negli adulti tra 20 e 60 anni il riscontro di patologia renale cronica era anche maggiore, e questo comporta che i pazienti debbano essere trattati precocemente e in maniera idonea per evitare il prodursi di complicazioni”.

L’Unità di Nefrologia Pediatrica, Dialisi e Trapianto ha stilato un PDTA a disposizione dei pediatri e dei referenti delle unità di pediatria di base che devono conoscere e poter sospettare la malattia. Disidratazione, poliuria e rallentamento della crescita sono campanelli d’allarme importanti da cui partire per strutturare un percorso di approfondimento. “Il pediatra deve essere aggiornato e deve poter trovare occasioni di scambio e consultazione”, conclude Murer. “In ERKnet ci sono moltissime informazioni sulla patologia, dalle Linee Guida alla possibilità di consultare online gli esperti in materia, che possono dare indicazioni sui casi più dubbi o complessi. Il Congresso Nazionale dedicato a questa patologia, che si terrà il 21 e 22 settembre 2019 a Padova, serve a sensibilizzare la classe medica per migliorare le interazioni tra i professionisti della salute, le società italiane di pediatria e nefrologia e le famiglie, e per fornire ai pazienti una valutazione completa, che copra anche i risvolti dietologici, psicologici e sociali della malattia. Perché l’obiettivo è migliorare la qualità di vita di chi soffre di acidosi tubulare renale distale fin dall’infanzia. E se questo obiettivo sarà centrato anche in fase adolescenziale, molti di questi pazienti, una volta adulti, potranno avere un’esistenza ancora migliore”.

Il congresso dedicato all’acidosi tubulare renale distale che si svolgerà a Padova il 21 e 22 settembre 2019 è organizzato con il contributo delle associazioni Il sogno di Stefano e AMaRTI (Associazione Malattie Renali della Toscana per l’Infanzia).