Affare dei camici per l’azienda del cognato di Fontana, di ben altra portata rispetto al già noto mezzo milione

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“Stando a quanto risulta in Procura, infatti, il guadagno a cui puntava Dini era di 2,7 milioni di euro, un tesoretto che equivale a circa 450 mila camici che Dama avrebbe voluto fornire ad Aria e al Pio Albergo Trivulzio (Pat).

Quella di cui si è parlato era soltanto l’antipasto. Il “piatto principale” era rappresentato dalla fornitura ad Aria di 1,2 milioni di euro di camici. Il progetto, secondo l’indagine, avrebbe ottenuto anche un ok informale dallo stesso Bongiovanni (resterà però solo sulla carta).

Ancor più robusto il fronte del Pio Albergo Trivulzio (Pat), già travolto dall’indagine sulle morti sospette da Covid nelle Rsa.

Il copione è identico con l’ipotesi di un conflitto d’interessi, visto che le nomine dei vertici sono condivise tra Comune e Regione.

Il 30 aprile viene fatto un affidamento diretto in regime di urgenza per la fornitura di 6.600 camici a 48.312 euro (siglato due settimane dopo quello di Aria).

Mentre 3 giorni prima, il 27 aprile, viene avviata una procedura negoziata in regime di urgenza per la fornitura di 224 mila camici per circa 1,5 milioni. La determina sarà vistata anche dal dg Giuseppe Calicchio, indagato per le Rsa e la cui nomina al Pat fu proposta da Fontana.

Questo, secondo la Procura, l’obiettivo di Dama che puntava a guadagnare 1,5 milioni di euro.

La procedura sarà però revocata con una determina del 3 giugno perché “la Protezione civile Regione Lombardia ha garantito il fabbisogno urgente di camici”. In quello stesso periodo con un’intervista ad Andrea Dini, Report svela lo scandalo dei primi 75 mila camici.“

Ma era “soltanto” una donazione.

Dario Violi