AIUTI DIRETTI A FAMIGLIE E IMPRESE: ECCO IL “RECOVERY” DI BIDEN

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UNA RICETTA MOLTO SIMILE A QUELLA RILANCIATA DAL NOBEL STATUNITENSE JOSEPH STIGLITZ E DAL BANCHIERE EUROPEO BEPPE GHISOLFI: PERCHE’, UNA VOLTA CESSATA UN’IMPRESA O SCIVOLATA IN POVERTA’ ASSOLUTA UN NUCLEO FAMILIARE, I COSTI PUBBLICI E SOCIALI DA SOSTENERE PER TORNARE ALLA PRECEDENTE NORMALITA’ DIVENTANO ANCORA PIU’ ALTI

Ottocento miliardi di dollari di pagamenti diretti alle famiglie fino a settembre e 59 miliardi di indennizzi immediati alle piccole imprese. Si presenta così il “recovery” del nuovo Presidente statunitense Joe Biden, che dopo l’approvazione a maggioranza parlamentare nel Congresso di Washington ha ricevuto la firma di ratifica finale dal successore “democrat” di Donald Trump alla Casa Bianca.

Anche se i numeri cambiano rispetto alla precedente gestione governativa, non muta la filosofia di fondo: aiutare concretamente i nuclei familiari attraverso un ricorso straordinario del Governo federale – parificabile per alcuni versi istituzionali alla Commissione e al Parlamento dell’Unione europea – al fondo perduto, saltando le mediazioni burocratiche alle quali, in Europa e soprattutto in Italia, siamo stati purtroppo abituati nel corso della prima e della seconda ondata pandemica, nel corso della quale 300.000 imprese si sono dovute arrendere e un milione in più di famiglie – parliamo di numeri solo italiani – è scivolato al di sotto della soglia della povertà non relativa ma assoluta, “status” che corrisponde a sopraggiunte difficoltà a far fronte persino alla normale spesa alimentare.

A questi interventi si accompagnano altri 123 miliardi di dollari per l’industria della produzione e della distribuzione vaccinale, ulteriori 105 miliardi per la sanità assicurativa e di territorio, 176 miliardi per la riapertura sicura del sistema scolastico, con l’obiettivo di fare in modo che i cittadini possano riprendere a circolare in condizioni immunizzate e ritornare alle rispettive occupazioni didattiche e lavorative.

Al netto delle naturali schermaglie politiche tra maggioranza e opposizione, il piano d’azione della neo insediata Amministrazione USA ha già ottenuto il consenso trasversale di 7 Americani su 10, anche se molto dipenderà dalle reali tempistiche di erogazione degli aiuti e degli assegni.

La ricetta prescelta in sede di piano anticovid oltre Atlantico – e che ha indotto le Istituzioni bancarie europee centrali di Francoforte a rispondere con adeguata prontezza per neutralizzare all’origine il rischio di aumenti nei tassi di interesse su debiti pubblici sovrani e mutui “retail” a famiglie e imprese (in altre parole, il famigerato “spread”) – presenta moltissime analogie con gli auspici più volte rilanciati, rispettivamente, dal Nobel Americano Joseph Stiglitz, già consulente di Bill Clinton alla Casa Bianca, e dal Banchiere europeo e scrittore Beppe Ghisolfi, rappresentante Italiano nel Gruppo continentale e mondiale delle Casse di Risparmio: perché, una volta cessata un’attività economica, o scivolata una famiglia al di sotto della soglia della povertà assoluta, i costi pubblici e sociali per tornare alla normalità precedente non solo diventano molto più elevati dell’aiuto istituzionale che sarebbe stato inizialmente necessario e sufficiente, ma le probabilità di ripristinare il circuito del benessere sono più basse a prescindere.