Alberto Sordi

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Lo incontrai a Torino in uno dei bar più eleganti grazie ad un appuntamento che mi aveva procurato un amico. “Quan­to mi dai per l’intervista?” Così mi accolse scherzando. Mi raccontò che i suoi film avevano successo perché rappresentavano nel bene e nel male l’italiano medio e che lui, a tutti gli effetti, si considerava tale. Non potei nascondere il mio stupore. Già in quei tempi si parlava dei suoi ingaggi favolosi e della sua avarizia leggendaria. L’intervista si risolse in due battute ma il personaggio risultò molto simpatico.
Più di lui mi aveva stupito Lucio Dalla che avevo intervistato qualche mese prima. Per il cantautore bolognese ho sempre nutrito simpatia. Dalla, alla mia domanda sul significato dei versi delle sue canzoni mi guardò stralunato e come tutta rispo­sta si mise a cantare. Era un poeta e tale si dimostrò. Recentemente sono stato a Bologna e ho visto che in una delle vie centrali han­no appeso degli striscioni con i suoi versi.
“Sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno”.
“Caro amico ti scrivo”.

Un modo intelligente per ricordare un grande artista. Al bar con Alberto Sordi avevamo ordi­nato due aperitivi. Prima di lasciarci mi recai a saldare il conto. Sordi si dimostrò italiano medio anche alla cassa lasciandomi pagare senza nep­pure un cenno di stupore.
La sua parsimonia superava quella dei banchieri.