Altri guai per Google: “Localizza le persone contro il loro volere e conserva i dati sulla posizione”

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Possiamo dire che questo per Google è un vero e proprio periodo nero. Se fino a poco tempo fa il colosso statunitense sembrava poter agire indisturbato in ogni campo e in ogni Stato, adesso le cose stanno cambiando. Dopo le varie guerre con il Fisco di mezzo mondo, finite quasi sempre con il pagamento di multe salatissime, ora a preoccupare l’azienda c’è l’attenta azione di organi di vigilanza che monitorano il comportamento delle App e l’utilizzo che fa l’azienda dei dati personali degli utenti. Stavolta la grana riguarda la localizzazione delle persone contro il loro volere.

L’ultimo caso proviene dall’Australia, dove l’ente di vigilanza sulla concorrenza (ACCC) cita in giudizio Google davanti alla Corte Federale, accusando il colosso Usa di ingannare i clienti sull’utilizzo dei loro dati personali.

Il presidente dell’ACCC, Rod Sims, spiega che Google ha continuato a immagazzinare dati sulla posizione delle persone, anche quando queste erano convinte di aver disattivato l’applicazione che le geolocalizzava. Secondo l’ACCC, Google dava agli utenti l’impressione di poter disabilitare – su smartphone e tablet Android – la raccolta dei dati sulla loro posizione disattivando l’impostazione “Location History” sul proprio account.

Tuttavia i dati sulla posizione venivano comunque raccolti poiché rimaneva attivata un’altra impostazione, “Web and App Activity”. L’ente di sorveglianza sostiene che “è stato fuorviante da parte di Google non rivelare correttamente agli utenti che entrambe le impostazioni dovevano essere disattivate, se non volevano che Google raccogliesse, conservasse e utilizzasse i loro dati di posizione”.

Ha aggiunto Sims: “Abbiamo avviato un’azione legale contro Google perché sosteniamo che Google ha raccolto, conservato e utilizzato informazioni personali altamente sensibili e di valore sulla posizione dei consumatori, senza che questi avessero fatto una scelta informata”. ACCC chiederà sanzioni finanziarie “significative”, un’ammissione di responsabilità legale e l’ordine di mettere in atto un programma di conformità.

Secondo la citazione in giudizio, Google ha anche suggerito ai clienti che l’unico modo per limitare la raccolta dei dati di posizione era di rinunciare completamente a determinati servizi quando, in realtà, sarebbe stata sufficiente la modifica di determinate impostazioni. Un portavoce dell’azienda assicura che la società sta esaminando i dettagli delle accuse. “Continuiamo a collaborare con l’ACCC e intendiamo difenderci dalle contestazioni”, ha affermato.                                                                                              fonte https://www.ilparagone.it/