ANCI SARDEGNA SULLE MISURE APPLICATIVE DEL REDDITO DI CITTADINANZA

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PROGETTI UTILI ALLA COLLETTIVITA’

Anci Sardegna ha terminato di analizzare gli effetti del Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali “Definizione, forme, caratteristiche e modalità dei Progetti utili alla collettività (PUC) per il Reddito di Cittadinanza.

Premesso in maniera chiara che il tema del contrasto alla povertà deve essere sempre al centro delle politiche pubbliche in un tempo, il nostro, che ha impoverito drammaticamente larghi strati della popolazione.

Chiarito, inoltre, il fatto che i PUC (Progetti utili alla collettività) rappresentino un avanzamento rispetto al fatto della riduzione del Reddito di Cittadinanza a mero sussidio economico restano tutte le perplessità su una misura concepita male e attuata peggio e che in Sardegna si “mischia” in maniera indiscriminata alle misure regionali del Reis.

La Reddito di Cittadinanza è una misura “centralistica” – concepita e attuata interamente dallo Stato – in spregio alle più elementari ragioni contenute nell’articolo 118 della Costituzione e del principio di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale.

Difatti la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più vicini al cittadino e dalle istituzioni locali verso la cittadinanza che deve essere coinvolta nella progettazione e attuazione degli interventi che la riguardano.

Non solo: dal punto di vista filologicamente normativo e costituzionale – per Anci Sardegna la Costituzione non è né un feticcio né un orpello, ma la legge fondamentale della Repubblica – la competenza sui servizi sociali è (e resta) dei comuni.

Difatti l’articolo 19 del DL n. 95/2012, convertito con la Legge n. 135 laddove individua tra le funzioni fondamentali dei comuni ai sensi dell”art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione “la progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione”.

Ciò detto: il Decreto che regola i PUC, di fatto, “scarica” – da un certo punto in poi – sui Comuni la titolarità dei PUC, le procedure amministrative, la progettazione degli interventi, i costi, il monitoraggio e ogni altra implicazione relativa all’impiego dei percettori del Reddito di Cittadinanza.

La tecnica dello “scaricabarile”, molto attuata dallo Stato italiano verso i comuni nel caso del Reddito di Cittadinanza assume i connotati della beffa: si architetta una regola di stampo neo-centralistica e si utilizzano i comuni per la parte finale della “filiera” scaricando oltre agli oneri burocratici anche gli oneri finanziari.

In Sardegna, inoltre, questo procedimento si incardina dentro a ulteriori provvedimenti – Reis e più – che stanno trasformando i servizi sociali dei comuni in organismi meramente burocratici e non più quelli più vicini ai bisogni dei cittadini e delle stesse comunità.

Sia nelle città che nei paesi della Sardegna i servizi sociali sono allo stremo per via dell’eccessiva burocratizzazione dei procedimenti, per lo “svuotamento”, negli anni, degli organici dei comuni, per i blocchi assunzionali, e per una serie di incombenze e burocratizzazioni inutili che, nonostante l’abnegazione dei dipendenti, ci stanno soffocando.

Questo vale ancora di più per questa “porzione” di Reddito di Cittadinanza che, come detto, è stato pensato male e si sta attuando peggio, scaricando sui comuni le inefficienze di uno Stato centralistico col rischio di far naufragare le migliori intenzioni sia delle amministrazioni sia dei percettori della misura di sussidio.

Per Anci Sardegna occorre rivedere il Decreto, individuare le risorse per gli oneri che le amministrazioni dovranno accollarsi su un provvedimento di stampo centralistico, la possibilità di rafforzamento degli organici dei servizi alla persona.

Dai dati in nostro possesso i nuclei familiari beneficiari del Reddito di Cittadinanza sono oltre 41.000; la media del sussidio è di circa 540 euro (ci sono nuclei familiari che percepiscono 780 euro e altre che ne percepiscono 50-70 euro); procedendo a un rapido calcolo e se si fosse optato per un provvedimento “sussidiario” delegato agli unici titolari della funzione dei servizi sociali ovvero i comuni in Sardegna avremmo avuto risorse annue pari a 265 milion di euro. Una cifra enorme che avrebbe consentito ai comuni e alle comunità di realizzare un grande Piano per la formazione e per il Lavoro e, contemporaneamente e insieme alle risorse regionali, di aiutare con sussidi le persone in difficoltà economica che non possono, per i motivi più disparati, lavorare.

Ma questo avrebbe significato fare dei provvedimenti maggiormente ragionati, con un tasso di ideologismo meno accentuato e utilizzando per bene le istituzioni democratiche di base: i comuni.

Il Presidente
Emiliano Deiana