Andrea Camilleri – Cinque storie di Vigata – Palermo, Sellerio, 2020 circa 240 pagine (192)

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Trattiamo qui cinque delle dieci “Le Storie di Vigata” del maestro di vita e di cultura Andrea Camilleri pubblicate nel 2020 da la Repubblica su autorizzazione Sellerio, (originali editi nel 2011 e 2012). Si tratta di racconti brevi, 40-50 pagine ognuno, che possiamo liberamente definire perle di saggezza per il loro aver saputo racchiudere, sinteticamente e bene – con personaggi e storie inventate utilizzando la maestria che gli è pari – inventate esperienze della varia umanità. Racconti ambientati nella sua terra, con la “sua” lingua diventata universalmente conosciuta, insegnamenti con morali finali e suggerimenti di vita; oltre che testimonianze con sensibilità ed intelligente acutezza, di usi, costumi, rituali e comportamenti di una terra, la Sicilia, e di un’epoca, metà del primo Novecento – però questi sono veri! – che ormai in molti abbiamo imparato a conoscere e ad amare.

La Trovatura (1); Di padre ignoto (3); Il merlo parlante (5); Le scarpe nuove (7) e La fine della missione (9): tutte e cinque hanno un “personaggio principale!” il cui nome è racchiuso nel titolo, allo stesso modo tutti questi racconti terminano in maniera sorprendente ed inattesa, e lasciano nel lettore un velo di ironia e di compiacimento per come l’autore ha intrecciato la trama.

(1) Narra la storia di un tesoro (trovatura) prima inesistente poi reale e di una donna astuta ed intelligente che – usando senza male fare le doti di divinazione (è una maga), risolve problemi, fa trovare (e trova!) l’amore, fa arricchire (ed arricchisce), in un mondo che ha sempre meno certezze e lo sciocco desiderio di conoscere il futuro. “…la crozza di morto alla quali appartinivano i dù denti d’oro non s’attrovò.”

(2) Amalia è una bellissima ragazzina di sei anni che vede aprirsi la sua strada nel mondo quando il parroco le fa interpretare la Madonna nel presepe vivente del paese. Da quel giorno tutto procede verso la sua “divinizzazione” spirituale, mentre imbocca però un cammino terreno non molto edificante, frequentando cinque “personaggi”, uno per giorno della settimana, che la trasformano in donna vissuta. Nasce un bambino, Binvenuto, col cognome di sua madre e di “patre ignoto”, che viene mandato Palermo a studiare; poi ella muore, nello sconforto generale. Dopo 24 anni il bambino torna da adulto, ingenuo, nella casa di sua madre e trova uno strano pizzino … che lo porta alla ricchezza, e ad essere rispettato da tutto il paese. “… era di patre ignoto, sì, ma che ‘n compenso aviva avuto la fortuna d’attrovare a cinco patri putativi.”

(3) A ventotto anni Ninuzzo, imparentato con una famiglia mafiosa, si ritrova ricco, a capo di quattro ditte edili, in salute e con la mamma anziana che vuole un nipotino. Trova la donna giusta, Daniela, tra le tanti pretendenti, tramite la sensale, domestica di famiglia. Mette su casa, con i doveri maritali che divengono però sempre più gravosi e senza il tanto atteso bambino: forse qualcuno è sterile? … gli regalano un merlo parlante … che ripete quello che vede e sente… al controllo Ninuzzo risulta sterile, ma non lo saprà mai perché Daniela resta incinta del bambino da tutti desiderato. “… e da quel momento, fino a quanno morse, il merlo s’inni ristò muto, senza cchiù parlari.”

(4) Una casa di poveri contadini, l’acquisto di un paio di costose scarpe di cuoio, la guerra che porta i ragazzi in trincea; il paese e la casa dei contadini vengono bombardati, si ritrova solo una scarpa. In guerra qualcuno muore, qualcuno ritorna .. senza una gamba “… abbonè che gli tagliaro ‘u peri dritto, accussì almeno ‘na scarpa nova se la potrà mittiri.”

(5) Il “trentacinquino” avvocato scapolo Totino Mascarà, bello, ricco e da tutte desiderato non si decide a “diventare zito”; qualcuno sussurra a bassa voce che forse “era ‘mpotenti”. Intanto in paese avvengono molte opere di bene, quasi miracoli, operati da un misterioso personaggio, timorato di Dio, sano, onesto e non maritato, il quale, limitandosi e con distacco emotivo al solo atto materiale, dona la felicità a molte donne in cui in famiglia uno dei due è sterile. Naturalmente, nel più assoluto anonimato, a compiere “la missione” è lui, Totino, che però in un’ultima volta si lascia trasportare dal sentimento e si abbandona, oltre il dovere/opera di carità; allora “…quella fu la fini delle missioni di Totino Mascarà … ‘na vota accanosciuto quant’è bello il gusto di mangiare la frutta del jardino dell’autri, c’era il pericolo che la cosa s’arripitiva con qualichi autra fimmina. Dunque, era meglio finirla!”.

Franco Cortese Notizie in un click