Appello alla politica

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La differenza tra un politico e uno statista è che il primo guarda alle prossime elezioni, il secondo alle prossime generazioni.

E, ora che l’ultima, ennesima, campagna elettorale si è chiusa, si è aperta una nuova, ulteriore, possibilità per provare a raddrizzare la rotta di questo Paese.

La politica ha infatti l’occasione di intervenire con strategia e programmazione nell’interesse generale, con serietà e determinazione, guardando al bene futuro e non solo al consenso presente.

Dopo le europee i rapporti di forza interni al governo sono cambiati, capovolti. E questo offre una chance unica ad entrambe le parti: ai 5 Stelle dimostrare di poter andare avanti su alcuni temi chiave non solo per il loro elettorato, ma per il Paese intero (semplificazione, giustizia rapida, taglio dei costi della politica, diritti civili, digitalizzazione del Paese); alla Lega, allo stesso tempo, regala l’assist di poter mettere in cantiere riforme fondamentali come la sburocratizzazione, la riforma fiscale, un colpo di reni su infrastrutture e trasporti, una maggiore efficienza negli apparati dell’amministrazione territoriale. E molte altre cose.

Insomma, se i “contraenti” non vogliono rompere, avranno diversi mesi di vita di governo di fronte a loro, che dovranno decidere come utilizzare e come interpretare. Da una parte possono nuovamente mettere in campo la tattica, la ricerca del consenso, i selfie, le dirette social, l’occupazione delle poltrone. Dall’altra, hanno l’occasione di vivere questo tempo non come esercizio e conquista del potere, e cioè come fine, ma come mezzo per il benessere futuro degli italiani. E quando tireranno le somme sapranno notare la differenza.

Perciò noi di Confimprenditori ci auguriamo che la politica possa richiamarsi all’idea che la gestione della “cosa pubblica” sia prima di tutto un servizio alla collettività, nell’interesse generale e non particolare, e possa quindi avviare un piano strategico per far ripartire questo Paese, complesso e bellissimo. C’è una legge di Bilancio assai difficile da scrivere, un fisco che non funziona, una giustizia alla deriva, la spesa pubblica che cresce e l’economia che soffre, un debito che esplode e la disoccupazione che aumenta, una burocrazia opprimente e un’amministrazione sorda ai bisogni di cittadini e imprese. Ma anche infrastrutture da ricostruire, territorio da mettere in sicurezza, mercato del lavoro da innovare, welfare da riformare e molto altro.

Nei mesi scorsi si è intervenuti su alcune bandiere “elettorali”, come ‘quota 100’, reddito di cittadinanza, anche per dimostrare di aver mantenuto, ancorché solo parzialmente, la parola data. Ora siamo però entrati in una fase “due” e se gli attuali governanti hanno intenzione di sopravvivere, e di non peggiorare la situazione, devono cambiare approccio, ascoltando le imprese, tralasciando gli slogan per le prossime elezioni e cominciando a pensare alle cose da fare per le nuove generazioni.

Negli anni passati gli italiani hanno cambiato spesso orientamento politico, in modo repentino e sono pronti a farlo ancora alla prossima tornata elettorale. Perché la fiducia che ripongono nell’urna non è irrevocabile. Anzi, dopo la delusione segue sempre il disprezzo.

Stefano Ruvolo,

Presidente di Confimprenditori