Approviamo la legge contro l’omotransfobia e la misoginia

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L’impatto, la caduta e il corpo a terra esanime della sorella. Ma Michele Antonio Gaglione, fratello di Maria Paola, dopo l’incidente tra i due motocicli non si è gettato verso di lei, per soccorrerla. Ma verso Ciro, il compagno di Maria Paola, per aggredirlo e continuare a picchiarlo, mentre lei giaceva sul ciglio della strada.

In questi ultimi due giorni tutti ci siamo informati sulla dinamica dell’incidente che è costato la vita alla ragazza ventenne di Caivano. Sarà la magistratura a valutare la posizione e le responsabilità del fratello Michele. Finora però l’unico dato certo di tutta questa atroce vicenda è l’odio. Un odio che ha sopraffatto l’affetto e l’amore tra due fratelli, un odio che ha offuscato la preoccupazione di un fratello per le condizioni della sorella e che ha generato ulteriore violenza, dopo la tragedia. Michele considerava Ciro malato, e la sorella “infetta”, perché Ciro Migliore è un uomo transgender.

Assistiamo sgomenti a questo mix letale di sessismo, misoginia e omotransfobia, che richiama il delitto d’onore e l’impossibilità di una giovane donna di autodeterminarsi e di vivere liberamente i propri affetti, i propri sentimenti e la propria sessualità. Condivido quanto sottolineato dalla giornalista Elena Tebano tra le pagine del Corriere della Sera: l’omicidio di Willy Monteiro e la morte di Maria Paola Gaglione hanno una matrice comune, che affonda le radici nella cultura patriarcale ancora perversamente radicata nel nostro Paese e che pone la virilità come elemento di sopraffazione.

Tuttavia questa tragedia è solo l’ultima, la più dolorosamente rumorosa di una serie di crimini, discriminazioni e violenze che quotidianamente vengono perpetrati contro donne e persone lgbt+.

La responsabilità di bloccare questa tragica quotidianità è tutta in capo alla politica: il coraggio e la scelta di sradicare l’eteronormatività che genera comportamenti violenti non possono essere delegati o, peggio, già dati per scontati in istituzioni come la magistratura e le forze dell’ordine. Questa è una scelta culturale e sociale e quindi puramente politica, che in Italia ancora non è stata presa.

Proprio per questo la legge contro l’omotransfobia e la misoginia, di cui ho l’onore e l’onere di essere relatore, ha seguito finora un percorso scrupoloso e rispettoso delle prerogative del Parlamento, che è luogo di rappresentanza dei cittadini e quindi casa della politica, in un dialogo splendido e costruttivo tra le forze di maggioranza e in un confronto continuo con l’opposizione, in cui ho saputo anche trovare voci ragionevoli e consapevoli della portata della questione che vogliamo affrontare. Alla fine dello scorso luglio la legge è stata approvata in Commissione Giusitizia alla Camera, e il 3 agosto è iniziata la discussione generale in Aula. È una legge avanzata e moderna, che da un lato estende le fattispecie previste dagli art. 604 bis e ter del codice penale (legge Reale-Mancino) ai crimini legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, dall’altro istituisce e organizza l’attività di centri antidiscriminazione e di case rifugio per accogliere e proteggere le vittime di violenze e discriminazioni omotransfobiche.

Domenica abbiamo assistito a un cordoglio trasversale della politica per la morte di Maria Paola Gaglione, che, è necessario ripeterlo, è morta di omotransfobia e di misoginia. Dalle parole del nostro segretario Zingaretti, che chiede l’approvazione della legge in tempi rapidi, a quelle del nostro Commissario Europeo Gentiloni, dalle dichiarazioni del Presidente della Camera Fico, che ricorda l’imminenza della ripresa del dibattito in Aula, fino al post di condanna della violenza omofoba di Giorgia Meloni. Al nostro partito in questa fase chiedo quindi più coraggio, perché il Partito Democratico, come perno e centro del riformismo italiano, sia davvero il propulsore per l’approvazione – il prossimo ottobre alla Camera e poi al Senato – di questa legge di legge di civiltà, che attendiamo da quasi 30 anni, ritardo che pone l’Italia nelle ultime posizioni in Europa nelle classifiche per la tutela e il rispetto dei diritti lgbt+.

All’opposizione, in particolare a Giorgia Meloni, chiedo coerenza. Se davvero intende condannare la violenza contro le persone lgbt+, faccia ritirare la pregiudiziale di costituzionalità di Fratelli d’Italia presentata alla Camera, così come le centinaia di emendamenti ostruzionistici. Fare speculazione politica e ideologica su un provvedimento che tutela la vita e la dignità delle persone, utilizzando peraltro la difesa della Costituzione in modo pretestuoso e distorto, è semplicemente da vigliacchi. Non sono i post sui social o le condanne unanimi a salvare la vita delle persone e a rendere il Paese migliore. È il coraggio di una scelta, che è tutta politica. E davvero non c’è più tempo, non possiamo rimanere fermi ad attendere i prossimi messaggi di cordoglio di una politica immobile.