Assange, in arrivo verdetto finale

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Occhi del mondo puntati su Londra, dove fra due giorni sarà resa nota la sentenza finale che deciderà il destino di Julian Assange. Il verdetto emesso alle 10,30 dalla giudice Vanessa Baraitser, presso il Tribunale penale centrale (Old Bailey), potrebbe essere infatti di estradizione negli Stati Uniti, dove il fondatore di Wikileaks rischia l’imputazione per diversi reati, tra cui quello di spionaggio perseguibile secondo l’Espionage Act, con pene complessive fino ai 175 anni di carcere.

Assange, 48 anni, cittadino australiano, è divenuto un simbolo mondiale della libertà di stampa. Era già stato accusato di avere cospirato, insieme all’ex analista militare statunitense, Chelsea Manning, per ottenere e pubblicare materiale riservato nel 2010. A fine giugno scorso -in era Trump- si è aperto un nuovo capitolo del braccio di ferro giudiziario tra il governo Usa e Assange.

Il Dipartimento di Giustizia americano ha sostenuto che il giornalista e la sua organizzazione avevano reclutato ‘hacker’ e incitato altre persone per ottenere informazioni da pubblicare, in violazione delle leggi anti spionaggio degli Stati Uniti.

Per i legali del giornalista australiano, le accuse di Washington sono “politicamente motivate”. Essi inoltre ricordano le precarie condizioni di salute del loro assistito, arrestato dalla polizia britannica nell’aprile 2019, dopo aver trovato rifugio per sette anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador, a Londra, rivelatasi in seguito una specie di prigione sotto sorveglianza. Gli agenti lo catturarono dopo la revoca dell’asilo offerto dalle autorità di Quito.

In caso di estradizione la questione di Assange rappresenterà un importante banco di prova per il neo eletto presidente statunitense Joe Biden, che sarà investito dei pieni poteri il prossimo 20 gennaio. Il 46esimo presidente d’America potrebbe infatti concedergli la grazia, come auspicano i suoi familiari, gli attivisti di Wikileaks e i fautori della libertà di stampa che lo sostengono in tutto il mondo.

Sono numerose le petizioni per far riottenere ad Assange la sua libertà, con migliaia di firme da ogni parte del pianeta, a partire dal suo stesso paese d’origine, l’Australia. La sua condanna definitiva, in pratica una ‘condanna a morte’, come sottolineano molti osservatori, potrebbe condurre a una perdita di credibilità dello stesso governo Usa in tema di diritti umani e libertà di informazione.

Wikileaks è nata con l’intento di rivelare corruzione e soprusi del potere, attraverso la pubblicazione di documenti segreti, come quelli sulle guerre americane e i crimini avvenuti in Iraq, Afghanistan e a Guantanamo. Ora la lunga battaglia giudiziaria per Assange, che non versa in buone condizioni di salute fisica e psichica, è giunta all’ultima fase, nel tentativo di evitargli l’estradizione negli Usa, dove è già stato incriminato da un grand jury per 18 capi di imputazione, 17 dei quali relativi ad accuse di spionaggio.

Il padre di Assange, John Shipton, ha lanciato -intanto- un nuovo allarme sulla sorte del figlio: Washington -ha spiegato all'”Independent”- lo vuole per “spezzarlo e vendicarsi cosi’ di aver rivelato al mondo crimini di guerra”. Se dovesse essere rispedito negli Usa verrebbe condannato fino a 175 anni di prigione in un carcere di massima sicurezza in Colorado, sottoposto 23 ore al giorno a misure speciali. “Julian ha la reputazione di dire la verità. E Wikileaks ha rivelato crimini contro l’umanita’”.

Lo scorso 8 dicembre, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, ha fatto una nuova richiesta alle autorità britanniche per il rilascio immediato di Julian Assange dalla prigione, in quanto ad alto rischio di contrarre il Covid-19. “Il signor Assange -ha sostenuto- non è un condannato a morte e non rappresenta una minaccia per nessuno, quindi il suo prolungato isolamento in una prigione di massima sicurezza non è né necessario, né proporzionato e chiaramente manca di qualsiasi base giuridica. I diritti del signor Assange sono stati gravemente violati per più di un decennio. Ora gli deve essere permesso di vivere una normale vita familiare, sociale e professionale, per recuperare la sua salute”. Melzer ha anche ribadito il suo invito alle autorità britanniche a non estradare Assange negli Stati Uniti. (di Rossella Guadagnini)