Attualmente, l’Italia ha 82 procedure d’infrazione aperte a suo carico

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Per sei di queste, la Corte di Giustizia Europea ha pronunciato una sentenza di seconda condanna e imputato all’Italia il pagamento di sanzioni. La metà delle procedure sanzionate riguarda l’ambiente, mentre la restante metà il mancato recupero di aiuti di Stato.
In ambito ambientale, la prima sentenza è del 2014 ed è motivata dalla presenza di centinaia di discariche abusive sul territorio nazionale. La seconda è dell’anno successivo e condanna il sistema di raccolta e smaltimento rifiuti presente in Campania. L’ultima risale al 2017, ed è causata dalla mancanza di adeguate reti fognarie per la raccolta e il trattamento delle acque reflue in diversi agglomerati urbani.
Sull’altro versante, le sentenze hanno riguardato il mancato recupero di aiuti di Stato concessi a favore di imprese che assumevano disoccupati con contratti di formazione e lavoro (sentenza del 2011), di imprese di Venezia e Chioggia (sentenza del 2015) e di imprese alberghiere della regione Sardegna (sentenza del 2020).
Per queste condanne, l’Italia ha dovuto pagare tra il 2012 e il 2020 oltre 750 milioni di euro, di cui circa 150 per sanzioni forfettarie (pagate cioè una tantum) e 600 a titolo di penalità (che invece maturano fino al completo adempimento). Le sentenze più onerose sono state per le discariche abusive e l’emergenza rifiuti in Campania: la prima ha infatti comportato esborsi per più di 232 milioni, mentre la seconda per oltre 217 milioni. Sotto il profilo temporale, i pagamenti sono aumentati notevolmente dal 2015 a causa dell’aumento delle sentenze a carico dell’Italia, passate da una nel 2014 a quattro nel 2015. Il picco si è raggiunto nel 2018 quando l’Italia ha dovuto versare 149 milioni di euro, mentre nel 2020 ne ha versati 75.