Avevo un futuro scritto da barista accanto al San Paolo, lo stadio dei miei sogni

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Mio suocero Antonio, padre di Daniela, poi diventata mia moglie, era titolare del bar “Monnalisa” a Fuorigrotta, dietro la curva B e voleva che lavorassi con lui. Io invece, avevo in testa di fare solo il calciatore.
Quando sono nato, papà Pasquale giocava in terza serie col Banco di Roma.
Ha smesso di giocare presto per crescerci e temeva che per me il pallone, potesse essere una distrazione sugli studi.
Quando un giorno ho portato a casa una pagella con tante insufficienze, papà si è arrabbiato a tal punto da buttare via il borsone e completino del Napoli allievi, dove già giocavo. Ma io non ho mollato, faticavo a scuola e poi volavo agli allenamenti di Soccavo: un sogno stare lì, vicino alla prima squadra di Maradona e Careca.

Nell’estate del 1993 la svolta, avevo 20 anni. L’Acireale, neopromossa in serie B, mi voleva in prestito, era tutto fatto, poi a Napoli è arrivato un tecnico che ha bloccato tutto perché credeva molto in me.
Quel tecnico era Marcello Lippi.
Un giorno il mister è venuto da me e mi ha detto: ‘te la senti di giocare domani?’ Risposta positiva, anche se le gambe erano durissime per via di un programma personalizzato fatto da Ventrone. Nel tempo ho capito che quello era un test per saggiare il carattere.
Ricordo che mi diceva sempre di giocare d’anticipo: ‘il difensore che fa rimbalzare il pallone per terra è un uomo morto’.
Lippi mi diceva che io avevo la personalità e le qualità per poterlo fare. Grazie a lui ho capito che se a un attaccante arrivava il pallone, era difficile poi controllarne la giocata. Meglio prevenirla, ma per far questo bisognava ragionare come il fuoriclasse. Ecco, io cercavo di leggere le giocate prima, per anticiparle.

Ironia della sorte, 13 anni dopo verrò ricordato proprio per questo gesto tecnico.
Ricorderete il doppio anticipo nei minuti finali del supplementare contro la Germania, che ha portato il secondo gol di Del Piero.
L’aneddoto più bello della mia carriera, arriva a Berlino: con la Coppa del Mondo alzata al cielo.
Dopo i festeggiamenti Lippi mi ha detto: ‘ci avevo visto bene quel giorno a tenerti con me a Napoli; eri un ragazzino di belle speranze. Ora ti sei fatto uomo e insieme siamo diventati campioni del mondo’.
Quando all’alba del 10 luglio, tocco il letto della mia camera nel ritiro di Duisburg, insieme a mio figlio maggiore Christian, c’era la ‘bambina’. Quella bambina era la coppa del mondo, coccolata per tutta la notte come se fosse il mio quarto figlio.
Il pallone d’oro? Quando mi hanno comunicato la vittoria pensavo fosse uno scherzo”.

Il 27 Novembre 2006 Fabio Cannavaro veniva eletto Pallone d’Oro. Un riconoscimento per l’incredibile cavalcata fatta con l’Italia nel mondiale tedesco vinto proprio dagli azzurri dopo una finale al cardiopalma contro la Francia.                                                                                                                                            fonte calcio totale facebook