Bce: “Il ritiro delle misure anticrisi bloccherebbe la ripresa”. “Italia e Olanda più esposte”

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La Banca centrale europea mette in guardia dall’eventualità che nell’area euro si finiscano per creare “concentrazioni di rischi” in alcune aree, a seguito di un impatto diffuso della crisi pandemica e delle sue ricadute finanziarie tra Paesi e settori dell’economia. Nonostante la ripresa estiva e la prospettiva di vaccinazione siano fonte d’ottimismo, “la strada è ancora lunga e le autorità dovranno prendere decisioni difficili se estendere, e in che modo farlo, gli interventi e alla fine su come gestire il debito che questi creano”, scrive Luis de Guindos, vicepresidente della Bce, nell’introduzione al rapporto sulla stabilità finanziaria dell’Eurotower. Un ritiro prematuro degli aiuti di bilancio, dalle garanzie sui prestiti alle moratorie, “potrebbe bloccare la ripresa, trasformando i problemi di liquidità delle aziende osservati agli inizi della pandemia in problemi di solvibilità”. Il monito arriva dalla Banca centrale europea nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria, che individua nell’esposizione di banche e bilanci pubblici al debito delle aziende il nodo più critico: per le banche dell’Eurozona “un ritiro prematuro delle garanzie governative e delle moratorie potrebbe portare un’ulteriore ondata di perdite”. I paesi i cui aiuti contro la pandemia hanno puntato maggiormente sulle moratorie, sugli aiuti diretti e sul rinvio delle scadenze fiscali “sono più esposti a un ‘cliff effect’ nel 2021”, cioé allo shock che arriverebbe da un calo improvviso e amplificato delle misure di sostegno pubblico. E fra i maggiori paesi dell’Eurozona questo rischio riguarda in particolare Italia e Olanda, scrive la Bce. Secondo cui “in Italia, il venir meno sostanzialmente simultaneo di gran parte delle moratorie sui prestiti, degli schemi di cassa integrazione (legata al blocco dei licenziamenti, ndr) e degli aiuti diretti indicherebbe un calo sostanziale dei meccanismi di sostegno all’economia nel 2021”. Nel suo rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria, l’istituzione rileva che le misure messe in campo contro l’emergenza stanno aiutando imprese e famiglie e fronteggiare la crisi e hanno gestito le sfide che ponevano in termini di liquidità. Tuttavia queste stesse misure pongono un duplice rischio: quello di essere ritirate prematuramente e quello, opposto, dovuto a un loro prolungato mantenimento.(Segue)Intanto la redditività delle banche resta debole, prosegue la Bce, secondo cui il materializzarsi di perdite dalla crisi pandemica potrebbe verificarsi con un certo ritardo rispetto alla ripresa dell’economia. Il problema, secondo l’istituzione monetaria, è che le vulnerabilità stanno aumentando tra le imprese e in futuro potrebbero mettere alla prova la tenuta delle banche. Guardando più nello specifico al rischio di un prematuro ritiro degli aiuti all’economia, secondo la Bce potrebbe “assestare una battuta d’arresto alla ripresa e trasformare le sfide sulle liquidità che si sono viste a inizio pandemia in veri e proprio fallimenti”, si legge. In più, la brusca crescita dei livelli di indebitamento, sia pubblico che privato, “aumenta il rischio sulla stabilità finanziaria che potrebbe derivare dal legame e tra titoli di Stato e banche nel medio termine – rileva la Bce – dato che banche e Stati sono entrambi esposti ai rischi creati dalla pandemia sulle imprese”. Secondo il vicepresidente della Bce, Luis De Guindos gli schemi pubblici di garanzia sui prestiti e le moratorie sui pagamenti potrebbero aver allungato i tempi con cui si vanno a creare perdite sui prestiti bancari. La redditività resta bassa, gli accantonamenti in vista di perdite future “sono cresciuti, ma in alcuni casi appaiono ottimistici”, rileva nello studio. “Al momento le misure di aiuto pubbliche restano essenziali, ma bisogna continuare a fare in modo che siano misure a intervenire sulle ricadute della pandemia e bisogna evitare – aggiunge – che si creino preoccupazioni sulla sostenibilità del debito nel medio termine”. I margini patrimoniali prudenziali delle banche restano a livelli rassicuranti e secondo la Bce devono restare “disponibili” per assorbire eventuali perdite e sostenere l’erogazione di credito per un prolungato periodo di tempo. C’è poi il settore finanziario non bancario, di cui fanno parte i vari fondi di investimento, i cui rischi sono accentati dal fatto di essere sottoposto a un quadro macroprudenziale che continua ad avere “lacune”. In questo caso il rischio è che gli operatori si lascino andare a un aumento delle prese di rischio che, nel caso di un deterioramento dell’indebitamento societario, esporrebbe il settore a accresciute vulnerabilità e rischi di deflussi di capitali e perdite.