BENTORNATO A RIACE, MIMMO LUCANO

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Io ti chiamo “compagno”, caro Mimmo Lucano. Perché la parola “compagno” deriva da “cum panis”, e accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Il pane fisico, condiviso, ma anche il pane della libertà, come ci insegnava Mario Rigoni Stern. La libertà ha il sapore più buono, l’unico per cui valga la pena lottare, per sé e per gli altri. Ed è quello che hai provato a fare tu, a Riace, prima che ti fermassero.

Oggi finalmente, caro Mimmo Lucano, la tua liberazione da quell’assurdo esilio è stata garantita con un atto di giustizia.

Caro Mimmo, abbraccia il tuo papà, oggi che puoi tornare a farlo, da figlio libero e liberato. Abbraccia il tuo papà che già sapeva di avere un figlio meraviglioso, ma ora può soffiarglielo all’orecchio, durante un abbraccio.

Caro Mimmo Lucano, siamo compagni perché “compagni” è una parola bellissima. Non siamo colleghi, non necessariamente fratelli, certamente non camerati. Compagni come tutti quelli che condividono un sogno più grande di loro, con tutto quello che l’esistenza comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. Tu ne hai vissute tante, di sofferenze, caro Mimmo, ma ne hai alleviate ancora di più. Non scordarlo mai.
Ci sono mani che si sono alzate contro di te. Mani che hanno preso penne che hanno scritto contro di te. Bocche che hanno soffiato sul fuoco della propaganda. Ti hanno sbertucciato, caro compagno Mimmo Lucano, spintonato, gettato a terra e gettato nella macchina del fango (che è ancora peggiore che averti gettato a terra). Ti hanno mandato tante volte a quel paese, caro Mimmo Lucano, e ti hanno confinato una volta in un piccolo paese di provincia, tu che volevi solo qualcosa di migliore per chi abitava a Riace, che ci fosse nato oppure no, che fosse bianco oppure nero.

In questi mesi quasi tutto è passato dalle parole d’odio di un ex Ministro degli Interni di nome Matteo Salvini, che da oggi non ricopre più quel ruolo. Lo ricorderemo per il suo carico di magliette diverse da esibire in ogni occasione, come fosse un modello di quello che non va fatto. Lo ricorderemo per la violenza gettata contro i più fragili. Lo ricorderemo per aver compiuto uno dei più grandi harakiri della storia. Però, per chiudere con un sorriso, e pur consci che (per fortuna) i due atti non hanno una conseguenza diretta, è bello sapere che la tua liberazione – oggi – è coincisa con la liberazione dell’Italia dal peggior Ministro degli Interni della sua storia.

Ti vogliamo bene, caro compagno Mimmo Lucano. Bentornato a Riace. Ci incroceremo nei sogni e nelle strade.

Saverio Tommasi