Bernard Cornwell – L’arciere del re – Milano, Longanesi, 2001, pag. 489 (177)

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Nella storia, la battaglia di Crécy (26 agosto 1346) fu una delle più importanti della Guerra dei cento anni combattuta tra Francia e Inghilterra; in essa circa 12mila soldati inglesi, guidati dal re Edoardo III d’Inghilterra e da suo figlio Edoardo di Galles, sconfissero la preponderante armata francese (circa 50 mila uomini tra cui 12mila cavalieri) grazie alla strategia militare degli inglesi, arroccatisi su un collina, al disastroso attacco francese e, soprattutto, alle lunghe lance ed agli arcieri, molto bravi ed organizzati, che erano dotati di un “arco lungo” in grado di colpire il nemico prima dei balestrieri ed arcieri francesi.

Il romanzo – con molte verità storiche, quindi – descrive non solo questa battaglia – ma anche quelle che la precedettero, nelle scorribande inglesi in terra di Francia, che furono conseguenti a quelle francesi in terra inglese, intrecciandole con il furto (Pasqua 1342) di una lancia-reliquia con cui San Giorgio avrebbe ucciso il drago (il tesoro di Hookton), e con la storia di un giovane, formidabile arciere, vissuto in questo paesino inglese, Thomas, che si incaricò di recuperare la lancia, scoprendo, in seguito, di essere di sangue nobile.

In questa macro trama tutte le pagine del coinvolgente testo, molto scorrevoli, sviluppano inoltre una serie di saccheggi, richieste di riscatto e massacri di guerra (realmente avvenuti in quel periodo), avventure sentimentali, tecniche di conquista di castelli e fortezze nemiche, amicizie cameratesche tra arcieri, una serie di piccoli aneddoti, il sale del racconto, e piccole altre storie “a condimento”, tipiche di quegli anni, che rendono la lettura altresì gradevole, piacevole e intrigante.

Le varie situazioni di scontri e battaglie, tranelli ed inganni di nobildonne, principi e personaggi di corte, le estenuanti trasferte nel caldo e nel freddo su un territorio e poi un altro dell’armata inglese sul suolo di Francia, sono così ben descritte da portare il lettore a vivere quelle situazioni, partecipare quelle atmosfere, immedesimarsi in questo o quel cavaliere o arciere, contessa o semplice contadina, tifare per questi o quella nelle varie situazioni descritte, comunque sempre emozionalmente coinvolti.

Una nota, “comica”, riguarda l’uso dei primi cannoni nelle battaglie, descritto con dovizia di particolari; ebbene, in esse, questi strumenti – che sembrerebbero rappresentare il massimo della forza di penetrazione di un esercito – sia in fase di attacco alle fortezze nemiche sia in fase di difesa di una collina ci fanno una figura … meschina (che fa anche rima!) in quanto, per vari motivi, sanno solo sparare palle di pietre non proprio efficacemente, per vari motivi, capaci solo di creare tanti forti botti e molto fumo e “niente arrosto”, suscitando più ilarità che spavento.

Un ultimo aspetto che ci preme segnalare di questo libro riguarda gli uomini di fede. E’ vero che siamo in Inghilterra, ma lo siamo qualche secolo prima della riforma voluta di Enrico VIII, con la quale questa chiesa dipenderà dal potere reale, quindi suona strano come preti, e perfino vescovi prendano parte alle battaglie ed ai massacri “benedicendo”, chiedendo perdono e pregando – a posteriori, però – per ciò che hanno fatto. In qualche caso, come con Thomas, invogliandolo ad uccidere … per un “nobile scopo”.

Franco Cortese Notizie in un click