Bersani: fare lo streaming fu utile. Ora serve generosità

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Non solo non si è mai pentito, ma lo rifarebbe, senza imbarazzo alcuno e con la stessa umiltà di quel 27 marzo 2013. Con il senno di poi, che è lo stesso di allora, Pier Luigi Bersani tornerebbe a sedersi in diretta streaming di fronte a Vito Crimi e Roberta Lombardi, con al fianco l’ex vicesegretario del Pd Enrico Letta. E di nuovo, nel tentativo quasi disperato di trovare una maggioranza per il mai nato «governo del cambiamento», subirebbe il gran rifiuto dei due portavoce del M5S, che accettarono l’incontro con l’allora premier incaricato per il gusto di umiliarlo davanti all’Italia intera. I risolini dell’onorevole Lombardi, che ironizzava sul suo virgolettato («non gli diciamo sì a Bersani nemmeno se si mette in ginocchio») e il caparbio no di Crimi a una «fiducia in bianco», resteranno per sempre negli archivi della politica italiana. Eppure Bersani rivendica quella mezz’ora di supplizio subito a testa bassa e invita a farne tesoro.
«So che sembra strano, ma sono sempre stato orgoglioso di quello streaming, di avere accettato una situazione sgradevole per fissare un’idea – ricorda Bersani al Corriere -. L’idea che la sinistra di governo deve ingaggiarsi con i nuovi movimenti, soprattutto quando sono ancora irrisolti. Perché alla lunga le strade portano o a destra o a sinistra».
A distanza di sei anni e dopo il disastroso esito dell’abbraccio tra i 5 Stelle e la Lega, il fondatore di Articolo Uno è ancora fiero di aver cercato per primo il dialogo e parla del fallimento di quel confronto per via telematica come di una «occasione mancata» per il M5S, da cui trarre insegnamenti preziosi per le trattative in corso in queste ore. Se l’accordo tra i dem e gli stellati è tutto in salita, è anche perché «quell’idea non è stata coltivata in questi anni e adesso il confronto, che è sempre più necessario, non è facile».
Ai leader dei partiti e ai pontieri che lavorano per scongiurare il voto anticipato, Bersani dice in sostanza due cose. La prima è che, se non si vuole fare un regalo alla «destra regressiva» di Salvini, non si può fallire: «Andare alle elezioni certificando una incompatibilità fra centrosinistra e 5 Stelle vorrebbe dire aprire un’altra autostrada alla destra». Il secondo monito dell’ex ministro è che «per non avere effetti boomerang ci vuole molta generosità». La dote che lui ritiene di aver messo in quel confronto del 2013, quando da (quasi) vincitore delle elezioni riconosceva pienamente il M5S e chiedeva «in modo accorato», «con rispetto e senza animosità», un’assunzione di responsabilità per il bene del Paese: «Solo un insano di mente potrebbe avere la fregola di mettersi a governare in questo momento…». Lombardi rispondeva sferzante, ai limiti dell’insulto: «Sembra di sentire una puntata di Ballarò». E Bersani, nello sforzo evidente di non perdere la pazienza: «Purtroppo non è Ballarò, qui è una roba seria».
Un anno dopo, ospite di Un giorno da pecora, la ex capogruppo del M5S fece pubblica ammenda: «Scusa Bersa, mi dispiace che te la sei presa. La mia aggressività era dettata dalla timidezza». E Luigi Di Maio definì «sbagliato quello streaming con Bersani». Ma quel che resta, al di là di scuse e pentimenti, è il dato politico di una alleanza mancata, che di nuovo Bersani invita a perseguire «con coraggio e generosità» per arginare una destra pericolosa e portare l’Italia fuori dal caos.
Se Nicola Zingaretti fissa paletti rigidi per un «governo di svolta» e detta ai 5 Stelle le condizioni per un’intesa di legislatura, Bersani sprona il Pd a cambiare rotta, in direzione riformista e partendo dalla questione sociale. Convinto che centrosinistra e Movimento abbiano «radici comuni», il protagonista della sofferta scissione del 2017 invita a chiedersi perché tanti elettori si siano allontanati dai due partiti: «Bisogna avere in mente quelli che hanno abbandonato sia il centrosinistra sia i 5 Stelle». E bisogna, suggerisce in conclusione Bersani, «correggere anche le proprie politiche, non solo quelle di Salvini».