#BIDEN46: I PRIMI CENTO GIORNI DI JOE BIDEN

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Quando Joe Biden ha giurato come presidente degli Stati Uniti d’America, 100 giorni fa

Si è trovato nella condizione di chi doveva raccogliere l’eredità di un paese diviso e fratturato. Non sono molti i suoi predecessori, negli ultimi decenni, ad essere entrati alla Casa Bianca in una situazione difficile come quella che sta vivendo l’attuale inquilino. Da un lato per la pandemia, dall’altro per il pesante lasciato dalla presidenza Trump per quanto riguarda le tensioni sociali.

Proprio nel giorno in cui il Congresso era riunito per certificare l’elezione di Biden come nuovo presidente, infatti, gli Stati Uniti sono stati sconvolti dall’assalto a Capitol Hill. Un evento che rappresenta la fotografia di quello che può accadere ad un paese in cui le polarizzazioni e le divisioni vengono portate all’estremo. Anche per questo uno dei primi obiettivi dichiarati del nuovo presidente è stato quello di ravvivare la collaborazione fra i partiti, cercando maggiore dialogo bipartisan sulle proposte da presentare al Congresso. Da questo punto di vista, però, non è stata percorsa molta strada. Biden ha scelto infatti di partire proseguendo senza sosta nella sua agenda politica, mettendo sul piatto proposte difficilmente ricevibili dal Partito Repubblicano.
Partiamo però con ordine, analizzando il primo grande successo di Joe Biden quale presidente, ovvero la campagna di vaccinazione. Gli obiettivi sono stati più volte rivisti al rialzo: all’inizio il target era quello delle 100 milioni di dosi per i primi 100 giorni, ma i numeri sono stati ampiamente superati, dato che le somministrazioni oltrepassano i 200. Questo sta portando i primi effetti visibili sul numero di contagi e decessi, che iniziano a flettere verso il basso. Proprio per l’ampia disponibilità di flaconi, l’inquilino della Casa Bianca ha aperto all’esportazione dei vaccini Astrazeneca riservati agli Stati Uniti, dato che il paese difficilmente avrà bisogno del vaccino anglo-svedese.

Un successo dovuto anche all’imponente piano da 1900 miliardi di dollari che, fra le altre cose, conteneva anche misure di sostegno per la campagna vaccinale. Questo ci permette di collegarci anche al secondo grande tema, quello economico. Biden ha rotto con quasi tutte le consuetudini in vigore nell’ultimo periodo, sponsorizzando enormi pacchetti per portare il paese fuori dalla crisi e per rinvigorire la classe media.
Il già citato pacchetto da 1900 miliardi di dollari è stato approvato poche settimane dopo il suo insediamento, con l’appoggio di tutti e cinquanta i senatori democratici. La votazione è stato il primo sentore di quanto difficile sarebbe stato portare i repubblicani ad approvare misure proposte dai democratici, ma la maggioranza (seppur parecchio risicata) al Senato ha permesso di forzare la mano e, tramite la procedura del reconciliation buget, permesso di approvare il pacchetto di stimolo bypassando il filibuster repubblicano.

L’aiuto alla classe media è stato uno dei punti centrali dell’agenda Biden: per questo fra le sue priorità sono finite fin da subito l’aumento del salario minimo a 15 dollari orari (“nessuno deve lavorare a tempo pieno e vivere sotto la soglia di povertà”, è stato il suo slogan) ed il rafforzamento del ruolo dei sindacati. Il primo provvedimento non poteva rientrare nel pacchetto di stimolo (non sarebbe stato votabile con la reconciliation), e per un breve periodo era rimasto escluso dai discorsi politici, salvo poi tornare d’attualità proprio negli ultimi giorni. Anche in questo caso non si è trovato un accordo con i repubblicani (che avevano presentato controproposte a cifre minori), ragion per cui l’unica cosa che ha potuto fare Biden è stato emanare un ordine esecutivo per applicare il salario minimo esclusivamente ai dipendenti federali.

Per finanziarlo, Biden ha sponsorizzato un aumento delle tasse sulle fasce più ricche della popolazione e sulle grandi corporation. I proventi, nei piani del presidente, non andrebbero solamente alle infrastrutture ma anche in aiuti per le famiglie della classe media (rientrano nell’American Family Plan), in particolar modo per quelle fasce sociali che hanno ancora oggi maggiori difficoltà nel garantire un adeguato livello di istruzione ai propri figli.
Una proposta, quest’ultima, osteggiata con forza dai repubblicani, che proprio nel 2017 avevano votato un cospicuo taglio delle tasse sulle fasce più ricche della popolazione. Proprio dal punto di vista delle infrastrutture, però, il GOP ha provato ad essere dialogante con Biden, proponendo un piano dalla minore portata economica atto ad individuare solamente alcuni fra gli interventi maggiormente urgenti.

Il percorso di Biden alla Casa Bianca, in ogni caso, non è stato esente da critiche e difficoltà. Il vero punto dolente dell’esperienza presidenziale è stato quello migratorio, con l’enorme afflusso di persone provenienti dal centro America ai confini con il Messico che ha messo particolarmente in difficoltà l’amministrazione. Il tasso d’approvazione in materia, infatti, è particolarmente fragile, ed i repubblicani hanno già intravisto nel tema il tallone d’Achille su cui attaccare i democratici in vista delle prossime midterm. Fra le altre misure messe in atto da Biden, anche il programmato ritiro dei soldati americani dall’Afghanistan, che sarà completato entro il prossimo 11 settembre. Una scelta forte, non esente da rischi, dato che la mancata presenza delle truppe statunitensi potrebbe favorire i gruppi talebani, decisi a ritornare al potere.

Non sono mancate le tensioni con la Russia. Putin è stato definito da Biden “un dittatore””, e proprio in tempi recenti si è avuta una crisi diplomatica particolarmente forte fra i due paesi, che però sembrano voler evitare una escalation pericolosa. Sono ripresi a Vienna anche i colloqui con l’Iran, con l’obiettivo di riportare lo stato asiatico dentro gli accordi sul nucleare firmati da Obama e poi revocati da Donald Trump. Durante i primi 100 giorni di presidenza Biden si registra anche l’impegno e la sensibilizzazione riguardo l’odio razziale e l’uso delle armi, definendo le stragi “una vera e propria epidemia”. Soltanto i prossimi mesi, però, sapranno dire quanto il presidente riuscirà ad andare in fondo sul tema. Infine c’è l’impegno per il clima: come promesso, Biden è tornato subito all’interno degli Accordi di Parigi ed ha anche promosso un convegno internazionale sul tema. L’argomento è stato considerato prioritario dal presidente, che anche nel pacchetto infrastrutturale ha spinto per inserire misure volte a favorire la transizione verde. Nel complesso, i primi 100 giorni hanno visto Biden provare a ridisegnare i paradigmi che hanno caratterizzato la politica americana negli ultimi decenni, soprattutto dal punto di vista economico.