Bonetti: “I nostri figli hanno diritto di giocare, apriamo i parchi a turno”

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«Bisogna fare in fretta. I bambini e gli adolescenti hanno il diritto di riconquistare luoghi di gioco, di movimento e di aria. Dobbiamo predisporre, quando sarà possibile riaprire, spazi all’aperto con un controllo dei flussi. Penso a giardini con volontari che regolino gli ingressi per nuclei familiari ad esempio. Penso ad aree sportive dove due fratelli siano liberi di tirare un calcio al pallone o piccoli gruppi di bambini, ben distanziati, possano fare delle attività motorie e ludiche». Elena Bonetti, Ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità è categorica. Qualcosa, nelle prossime due settimane, in vista del quattro maggio, deve cambiare. Perché, semplicemente, dopo quasi due mesi di quarantena, i bambini non ce la fanno più.

«Nel massimo rispetto delle regole sanitarie e delle indicazioni del comitato scientifico – dice Bonetti – oltre alle fabbriche, ai negozi, dobbiamo pensare alla ripartenza dei ragazzi. In gioco c’è la loro salute, fisica e psichica».

Ministra Bonetti, la fine del “lockdown” è vicina. Crede che per i più piccoli si aprano spazi di libertà?
«È la nostra sfida. L’Istat ci ha detto con chiarezza che il 40 per cento dei bambini e dei ragazzi italiani vivono in case sovraffollate e inadeguate. E iniziano a soffrire moltissimo la quarantena. Nell’emergenza è stato giusto chiedere un sacrificio. Adesso però dobbiamo restituire loro lo spazio del gioco e dello sport».

Ma come si possono coniugare libertà e distanziamento sociale?
«È la responsabiità della politica, i territori e i comuni ci aiuteranno. Bisogna ridefinire gli spazi. Ci vuole la volontà di farlo, naturalmente. Ho deciso di stanziare per adesso cinque milioni di euro da assegnare, tramite bandi, a progetti che ripensino il gioco dei ragazzi in modo sicuro».

Un esempio di “libertà sotto controllo”?
«Penso a un coinvolgimento massiccio del terzo settore. Per gestire i flussi in entrata e in uscita da un parco giochi, per esempio, disinfettando prima e dopo ogni “turno” i giochi stessi. Vigilando sul distanziamento. Permettendo al nucleo familiare di frequentare, insieme, un’area sportiva. O a bambini singoli di allenarsi con un canestro. Costruendo percorsi fisici che evitino i contatti troppo ravvicinati. Può sembrare poco, ma di fronte alla clausura di questi mesi, anzi, sarà un salto in avanti».

Lei aveva già proposto, insieme alla società di Pediatria, la famosa “ora d’aria” per i bambini. Ma nel Governo è prevalsa la linea del “lockdown”.
«La situazione sta cambiando e ci si prepara alla ripartenza. Non si possono ignorare i bisogni dei più giovani».

Nei mesi che verranno la vita dei ragazzi sarà ancora, molto, tra le mura di casa. La solitudine pesa.
«Certo e le famiglie hanno bisogno di essere sostenute nel loro ruolo educativo. Per questo ho proposto di inserire nel decreto di aprile, un assegno universale mensile per ogni figlio, e l’estensione per altri 15 giorni del congedo parentale straordinario, varato per l’emergenza Coronavirus. Ci sono i bambini piccoli da custodire, i più grandi da seguire nello studio a distanza».

La pandemia ci ha mostrato che ci sono due, tre Italie. Chi può fare la scuola a distanza perché in famiglia c’è, almeno, un Pc. E chi può contare, se va bene, soltanto su un cellulare. La povertà educativa messa a nudo.
«L’assenza della scuola dal vivo ci ha messi di fronte a situazioni di malessere di certo acuite dall’emergenza. Non è soltanto questione di dotazioni tecniche, ma di disagio, indigenza. Per questo ho deciso di rafforzare il fondo contro la povertà educativa del dipartimento delle politiche della famiglia».

Ma in tempi più brevi? Siamo di fronte a un’estate blindata, per i ragazzi un’infinità di tempo da riempire.
«All’interno dell’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza ho creato un gruppo, proprio per gestire il dopo. Il ritorno cioè a una normalità ben diversa da quella che conoscevamo».

La sindrome da stress post traumatico.
«Molti bambini e ragazzi hanno sofferto. Dovremo trovare il modo di aiutarli. Ma abbiamo delle risorse. Trenta milioni da mettere al bando per progetti educativi. Penso a una rete di universitari che aiuti gratuitamente chi è rimasto indietro sulla scuola. Ma anche al rafforzamento delle competenze informatiche, ancora così carenti. Penso a volontari e associazioni che facciano rete per non lasciare vuote le giornate estive dei più piccoli. È una sfida enorme. Non possiamo perderla».