Bonetti: “Il Family Act è il primo passo per restituire la fiducia che è venuta a mancare”

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Ministra Bonetti, mai come nell’ultimo anno le famiglie si sono trovate a sopportare il peso di tutte le limitazioni imposte dalla pandemia e anche nelle prossime settimane ci attende un periodo molto difficile per le famiglie e soprattutto per le donne, costrette a dividersi fra lavoro e gestione dei figli a casa con la didattica a distanza. Proprio in questi giorni il Governo ha approntato una serie di misure per cercare di ridurre il più possibile le inevitabili difficoltà, come congedi parentali, smartworking e bonus baby sitter. Ritiene che possano essere sufficienti?
«Siamo ben consapevoli dei sacrifici che vengono richiesti, ancora una volta, alle famiglie e ai bambini e ragazzi del nostro Paese per contrastare la diffusione dei virus. Per far fronte alle difficoltà delle famiglie, nell’ultimo decreto legge abbiamo introdotto prime misure, finanziate con 290 milioni di euro. A fronte della chiusura delle scuole, si è trattato prima di tutto di ripristinare subito il diritto di tutti i genitori, di tutte le categorie lavorative, di poter essere a casa per la custodia dei figli. Stiamo ora lavorando per allargare nei prossimi provvedimenti la platea dei beneficiari del bonus baby-sitter. Penso ai genitori che attualmente lavorano in smart working e hanno figli di fasce d’età nelle scuole dell’infanzia e della primaria, come pure a tutti i professionisti della sanità».

L’emergenza sanitaria ha indotto il Governo ad adottare alcuni provvedimenti, fra questi la chiusura delle scuole, con l’obiettivo di ridurre il più possibile la diffusione del contagio. Era inevitabile? O si sarebbe potuto introdurre una maggiore flessibilità, consentendo ad esempio, una deroga per la didattica in presenza per i figli degli operatori sanitari e di coloro che svolgono ser-vizi di pubblica utilità e che proprio per questo molto difficilmente potranno accedere alla possibilità dello smart working o dei congedi parentali anche se la normativa glielo consentirebbe?
«La chiusura delle scuole non è una decisione che si prende a cuor leggero. Lo dico da mamma, da persona che vive la responsabilità dell’insegnamento e da esponente di un partito, Italia Viva, che ha sempre lottato per il mantenimento della didattica in presenza. I dati ci dicono, però, che le attuali varianti del virus colpiscono anche la popolazione infantile e degli adolescenti. E la tutela della loro salute e, conseguentemente, quel-la delle loro famiglie, è necessaria».

Restando in tema, lo scorso anno i nostri studenti hanno perso più di tre mesi di didattica in presenza e quest’anno, nella migliore delle ipotesi, perderanno altre settimane che non potranno recuperare. Da ministro, durante la pandemia, si è sempre dichiarata a favore delle scuole aperte ed ha ritenuto un grosso errore “mettere al 100% la Dad nelle superiori”. Quando pensate di riuscire a consentire la riapertura delle scuole?
«È un danno educativo enorme. Va detto chiaramente che la didattica a distanza non equivale a quella in presenza, che comporta sacrifici enormi non solo per i ragazzi e i docenti ma anche per le loro famiglie, e questo malgrado l’impegno straordinario che insegnanti e studenti hanno fatto e continuano a fare ogni giorno. Con l’accelerazione del Piano vaccini, a cui lavorano li presidente Draghi e il commissario per l’emergenza Figliuolo, l’obiettivo è tornare quanto prima alla normalità e consentire al nostri figli di tornare in aula. Le nuove generazioni hanno pagato uno dei prezzi più alti di questa crisi. Il governo ne è pienamente consapevole e siamo al lavoro per restituire ciò che la pandemia ha progressivamente tolto loro, a partire dalle relazioni e dalla socialità».

Ministra Bonetti, restiamo in questo ambito: la chiusura delle scuole, oltre a determinare conseguenze estremamente negative sul fronte della preparazione scolastica dei nostri figli, ha come effetto quello dl privarli della loro socialità, indispensabile anche per la crescita e la maturazione in una fa-se delicatissima per lo sviluppo. Fermo restando che la riapertura delle scuole rappresenta la risposta strutturale a questa privazione, quali altre azioni si possono mettere in campo per garantire un supporto psicologico al giovani?
«Lo scorso anno abbiamo investito 195 milioni dl euro in attività di educazione non formale, con l’obiettivo dl restituire al bambini e al ragazzi quelle esperienze di relazione e socialità dl cui hanno bisogno per crescere. I cosiddetti centri estivi, riaperti in sicurezza, sono stati un momento importante e una sfida grande per il Paese, e l’abbiamo vinta tutti insieme, Comuni, associazioni, terzo settore. Proseguiremo anche quest’anno con un focus particolare rivolto agli adolescenti».

In questo come in altri ambiti, ad esempio quello sanitario, la pandemia ha evidenziato alcune criticità strutturali del nostro Paese. Le pari opportunità rappresentano, per l’Italia, un obiettivo ancora lontano da raggiungere rispetto alle nazioni più avanzate. Quali azioni concrete pensate dl mettere in campo per colmare questo divario che rappresenta uno straordinario fattore di debolezza sul fronte della competitività, oltre che un’evidente ingiustizia sociale?
«La pandemia ha acuito diseguaglianze vecchie e nuove. Penso alle situazioni di estrema fragilità preesistenti, alla condizione delle donne che è peggiorata su molti fronti, da quello occupazionale a quello della prevenzione sanitaria al fenomeno della violenza di genere. Fuori da ogni retorica: è questo il tempo dell’opportunità. Davanti a noi abbiamo l’occasione straordinaria di cambiare finalmente passo anche su questo, mentre ci rimettiamo in cammino. Se sapremo liberare le energie di tutti e valorizzarne il talento, questa crisi non sarà stata sprecata. È per questo che, sul fronte delle pari opportunità, stiamo scrivendo un Piano Strategico Nazionale per la parità dl genere, il primo nella storia del nostro Paese».

Restando in questo ambito, una delle conseguenze più gravi del mancato raggiungimento delle pari opportunità fra uomo e donna è rappresentato dalla cosiddetta denatalità che vede l’Italia, da almeno un ventennio, fra i Paesi dove si fanno meno figli. Anche la Germania, alcuni anni fa, si è trovata ad affrontare questo problema, ma attraverso l’adozione di una serie di provvedimenti strutturali è riuscita a invertire la tendenza. Come pensate di intervenire per evitare che in futuro una donna, come spesso accade oggi, venga messa di fronte alla scelta fra carriera e famiglia?
«Con il Family Act, la prima riforma per le politiche familiari del nostro Paese, abbiamo tracciato la strada: assegno unico e universale, sostegno all’educazione, riforma dei congedi parentali, lavoro femminile e investi-mento nel protagonismo del giovani. Stiamo lavorando perché dal 1° luglio parta il primo pezzo: ogni mese le famiglie potranno contare sull’assegno universale e su una progettualità economica stabile per i propri figli. È un primo passo importante, per restituire alle famiglie quella fiducia che ne-gli anni è venuta a mancare e che ha impedito loro di declinarsi al futuro. Ci occorre un investimento forte nell’educazione, in infrastrutture sociali e nel lavoro femminile, e una reale corresponsabilità nel carichi di cura familiare. Così riparte la speranza e si contrasta l’inverno demografico».

Sempre sul fronte delle pari opportunità, ho letto che proprio in questi giorni Insieme ai ministri Bianchi e Brunetta, ha siglato un protocollo d’intesa sulla “cultura del rispetto”. Ce ne può parlare?
«È un’intesa che nasce con l’obiettivo di formare le studentesse e gli studenti alla cultura del rispetto verso l’altro e delle pari opportunità, per-ché è dall’educazione che partono i cambiamenti veri e possiamo costruire una società più equa e giusta. Progetti contro ogni forma di discriminazione, di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, che realizziamo grazie alla rete nazionale dei Comitati unici di garanzia».

La violenza domestica rappresenta un’altra piaga terribile che anche durante l’ultimo anno di pandemia ha visto le donne vittime dei loro compagni. Che cosa si può fare per garantire alle donne una maggiore tutela? Quale ruolo gioca l’educazione in questo ambito?
«L’educazione è la base di tutto, sempre. Accanto a questo, per cambiare passo le politiche di contrasto alla violenza devono necessariamente in-serirsi in un orizzonte di strutturalità e di lavoro in rete. C’è un cambiamento culturale da promuovere: nel linguaggio, nella valorizzazione della presenza femminile a tutti i livelli nella nostra società e nel rafforzamento della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio, a cui le don-ne si rivolgono e che sono un baluardo contro la violenza nel nostro Paese. Nel nuovo Piano strategico nazionale a cui stiamo lavorando c’è tutto questo».

Il Recovery Fund rappresenta una straordinaria occasione per colmare i tanti gap strutturali che si sono accumulati nel nostro Paese. In quali ambiti pensate di impiegare queste risorse per favorire il raggiungimento delle pari opportunità?
«Ho presentato diversi progetti, dal plano asili nido al lavoro femminile. Vogliamo fare in modo che tutte le nostre politiche siano valutate trasversalmente secondo l’impatto di genere, e l’empowerment delle donne sarà un elemento cardine del Piano della Next Generation Eu. Anche la presidenza del G20, che quest’anno in capo al nostro Paese, vedrà l’empowerment delle donne al centro della ripartenza».

Ministra Bonetti, un’ultima domanda: la pandemia ha messo in evidenza come la solidarietà e senso di comunità rappresentino l’unica via possibile per affrontare una prova cosi difficile. Lei crede che da questa immane tragedia, come accadde nell’immediato dopoguerra per i nostri nonni e bisnonni, il nostro Paese possa trovare la spinta ideale e l’energia per una nuova fase di crescita e di benessere e per la costruzione di una società più equa?
«Deve essere e sarà cosi. La pandemia ci ha ricordato il tema della cura della comunità e dei valori di solidarietà alla base della nostra convivenza. Tocca a noi cogliere questa opportunità per darci una prospettiva nuova, più umana. È una opportunità e una responsabilità».