Bonetti: “Nuovo welfare e incentivi. Le mie pari opportunità”

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A essere obiettivi, c’era ben poco da festeggiare, ieri: 8 marzo pandemico, con i dati del lavoro, dell’istruzione, delle violenze che segnano picchi negativi preoccupanti sullo stato di salute del Paese rispetto al tema delle donne. Parità di genere, prospettive, tutele, diritti. «A maggior ragione dobbiamo ripartire, e ripartiremo da qui», dice la ministra Elena Bonetti.

«Qui» è l’incontro pubblico che ieri ha gettato le basi del piano strategico per la parità di genere. Il primo mai fatto nel nostro Paese, potrà «imprimere una svolta nelle politiche per colmare il divario fra uomo e donna».

Non a caso, ministra Bonetti, era presente il premier Draghi.
«Il suo esserci è stato un segnale molto forte, anche perla chiarezza e la nitidezza del messaggio e della volontà politica che desidera portare avanti. Il presidente ha tracciato una strategia di insieme per uscire dalla pandemia, e ha collocato l’8 marzo e il piano per la parità di genere come elemento fondante di questa strategia. La parità di genere diventa dunque la condizione essenziale per ricostruire un futuro di speranza, concretezza e possibilità».

Andiamo sul concreto: perché la parità potrebbe davvero aiutarci a superare gli effetti del Covid?
«Solo una società che permette a tutti di avere dei sogni, e di coltivare poi l’ambizione di realizzarli, può rimettersi in moto. Se noi non poniamo le donne e gli uomini nelle condizioni di poter volere cose belle e importanti, tagliamo le ali a tutta la società. I grandi cambiamenti si realizzano quando si trova il coraggio di osare. E il male più grande dell’Italia, in questo momento, è che manca la speranza».

È difficile avere speranza quando 402mila donne, percentualmente più del doppio della media europea, hanno perso il lavoro durante il lockdown. Quando il livello di occupazione femminile è fermo a un pallidissimo 48% e l’accesso alle carriere è ancora sostanzialmente precluso in molti ambiti lavorativi.
«La pandemia ha acuito il male insito in un sistema già da tempo logoro. E allora dobbiamo trovare il coraggio di cambiare. Con scelte forti e dirompenti rispetto al passato».

Faccia qualche esempio.
«Dobbiamo valorizzare le competenze, promuovere davvero l’accesso al credito e politiche fiscali adeguate, fino ad oggi inesistenti. E poi, soprattutto, dobbiamo incentivare l’ingresso nel mondo del lavoro trovando nuovi modelli di welfare».

A proposito, qual è il provvedimento più urgente da adottare?
«C’è la questione della parità in famiglia, oltre che nel mondo del lavoro. Nel Family Act abbiamo preso provvedimenti importanti da questo punto di vista, a cominciare dagli asili nido: i primi 2 miliardi e mezzo sono già stati investiti, mentre il Next Generation EU lavorerà per raddoppiare i posti disponibili negli asili del Paese. Non basta: servono infrastrutture sociali ed educative per tutta la fase evolutiva dei bambini, e servono percorsi formativi per le ragazze, soprattutto nei settori del digitale e delle materie scientifiche».

Quale sarà il ruolo del piano strategico nazionale da questo punto di vista?
«Il piano consentirà un approccio sinergico per le varie attività da mettere in campo. Fino ad oggi si era proceduto in ordine sparso: ora tutti – dagli enti locali alle parti sociali – remeremo nella stessa direzione e con degli obiettivi comuni».

A un anno dal lockdown, dalla tragedia collettiva del Covid, mi aiuti a trovare almeno uno spiraglio di positività, di luce.
«Beh, le donne sono state la speranza concreta del Paese. Penso alle dottoresse, alle infermiere, alle scienziate impegnate nella ricerca e nei vaccini. Ma penso anche alle donne nelle forze armate, alle commesse, alle farmaciste, alle insegnanti. Le donne, tutte, hanno tenuto in piedi l’Italia».

E ci hanno rimesso più di tutti.
«Sì. Ma hanno anche dimostrato di avere la resilienza necessaria per entrare da protagoniste nella ricostruzione, e questo non potrà essere ignorato, non potrà essere messo in secondo piano. Lo hanno ricordato per l’appunto sia il presidente Mattarella che il presidente Draghi, proprio oggi: non si esce dalla pandemia senza le donne».

In questi giorni si è scatenata una feroce polemica sull’uso del linguaggio per le professioni femminili. Lei si fa chiamare ministra.
«Servo il mio Paese, ho una responsabilità nei suoi confronti. E ho scelto di servirlo senza rinunciare alla mia identità, al mio essere donna. Le parole devono riconoscere la diversità: il linguaggio, così come il merito, non è asessuato. Dobbiamo sempre avere il coraggio di esprimere chi siamo. Le donne al pari degli uomini».