#Cacciari: Altro che patrimoniale, Letta ha fatto centro sulla tassa di successione

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Non chiamatela patrimoniale. Perché “la patrimoniale non c’entra niente”

E pensare che da Massimo Cacciari ci aspettavamo un buffetto, diciamo pure un amorevole scappellotto al segretario del Pd Enrico Letta, fresco della proposta di una “tassa di successione” che ha fatto imbufalire metà maggioranza. Invece no, tutto il contrario. “È una proposta del tutto logica, modestissima, al limite del superfluo”, dice il filosofo e saggista, già sindaco di Venezia in quota Pd. “È incredibile che sia stata accolta con tale nettezza”.

Perché?

“Come è possibile in una situazione del genere scandalizzarsi per una manovra per equilibrare i sacrifici che il Paese dovrà fare? E poi è una proposta che colpirebbe solo i patrimoni superiori a 5 milioni di euro, in quasi tutti i Paesi europei è più alta che da noi. Lo sa che in Giappone la tassa arriva ad assorbire fino al 60% dell’asse ereditario?”.

Sarà, ma intanto c’è maretta fra il Nazareno e Palazzo Chigi. Dopo il rimbrotto, “è il momento di dare i soldi, non prenderli”, il premier ha convocato il segretario dem a palazzo per un faccia a faccia. Ordinaria amministrazione, rassicura Cacciari. “Non vedo alcun fastidio, Draghi sa perfettamente che il Pd è il partito più di governo sulla faccia della terra”.

Di governo, e anche “di sinistra”, tra Ius Soli, accoglienza ai migranti e Ddl Zan. “Letta ha spostato il baricentro dove è necessario. Ma lasci stare questi balletti. Se il Pd vuole sopravvivere ha bisogno di una linea, di una strategia. Di uno straccetto di identità, e di smettere di atteggiarsi come partito di centro”.

Insomma, un partito derenzizzato. “La derenzizzazione è nei fatti, non si ferma più. Ma poi ancora parliamo di Renzi? Ha compiuto il suo suicidio politico, amen”.

Con i Cinque Stelle, invece, si procede a singhiozzo. “Vivere deinde philosophari. Se Pd e Movimento non riescono a trovare presto l’ombra di un’intesa alle amministrative stravince il centrodestra. Conte dovrebbe almeno abbozzare una strategia, lavorare seriamente a una coalizione. E invece al momento si limitano a sopravvivere, a una convivenza obbligata”.

Ecco, Conte. È ancora il “riferimento” dei progressisti, come vaticinava un anno fa Nicola Zingaretti? “Progressisti, destra, sinistra, è un glossario morto e sepolto. Conte è un riferimento per i Cinque Stelle, costretti a trovare un’intesa. Mi auguro non divenga un riferimento per il Pd”. Sulla battaglia aperturista, da un mese a questa parte, ci ha messo il cappello Matteo Salvini.

Letta poteva farla sua?

“Non ci sono battaglie su aperture o chiusure. Servirebbero solo provvedimenti razionali. Perché penalizzare le scuole? Così i ragazzi non ci vanno e si assembrano altrove. Che senso ha dire ai ristoranti di non tenere la gente dentro?”.

Capitolo Quirinale. Chi finisce sul colle più alto? “Dipende da come va il governo. Se funziona e rimane fino a fine legislatura, un bis di Mattarella potrebbe essere una soluzione. Se il piano vaccini e la ripresa economica iniziano a fare acqua da tutte le parti, allora al Quirinale potrebbe finirci Draghi. Ma perché ne parliamo ora? Qui nessuno sa cosa farà domattina, figuriamoci fra sei mesi”.