Caso Siri, un regolamento di conti nel saloon gialloverde

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La testa di Armando Siri sta per rotolare – con quali conseguenze non si sa – per effetto di un vero e proprio regolamento di conti interno a quello che ormai assomiglia a un saloon da film western.

Il sottosegretario, inventore della famigerata flat tax, vessillo salviniano, è finito nel fuoco incrociato fra i due partiti di governo che giorno dopo giorno stanno aumentando il volume della loro conflittualità con evidente intento propagandistico. Per uno strano caso del destino, il pistolero che ha sparato il colpo mortale per Siri è il pianista del saloon gialloverde, il premier per caso Giuseppe Conte, che con una spiegazione fra il barocco e il genere noir ne ha formulato ieri la condanna (in una conferenza stampa che non era una conferenza stampa ma un monologo. Ma allora perché non ha emesso un comunicato?).

Conte deve evidentemente pagare dazio al suo dante causa, cioè Di Maio, bisognoso di un po’ di sangue “verde” per far vedere che il suo ruolo politico ha ancora un senso. Convinto di poter competere con un Salvini esorbitante, il Capo del M5s è perennemente alla ricerca di visibilità e di “colpi politici” in grado di indispettire l’alleato-avversario. La furia “anti-siriana” non ha altra spiegazione se non quella della ricerca di un casus belli per dimostrare la propria esistenza e scacciare l’impressione molto cresciuta nel suo elettorato di essere lo zerbino della Lega. È chiaro che qui non si sta discutendo di questione morale, di etica, di garantismo. Tutta fuffa. Siamo semplicemente – e tristemente – dinanzi all’ennesimo episodio di una lotta di potere.

E il premier da parte sua ha anch’egli tutto l’interesse a indispettire Salvini, cioè il vero dominus del governo. Sa bene, Conte, che la sua poltrona traballa sotto il peso dello strapotere leghista e che ancora peggio traballerà dopo il 26 maggio, quando Salvini potrebbe chiedere per sé la poltrona di palazzo Chigi. E a quel punto di Giuseppe Conte si ricorderebbe solo qualche suo stretto amico.

Ecco perché il caso Siri non ha nulla a che vedere con i problemi reali del Paese ma neppure con le regole del diritto e il loro rapporto con la politica. È solo una rissa fra bande rivali.                                                  di mario lavia fonte democratica.it