“L’analisi di Marco Follini è come sempre lucida e impeccabile”.
Così il segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa, commenta l’editoriale di Marco Follini, pubblicato oggi sul sito dell’Adnkronos, sul declino del primato politico dei cattolici. Secondo il leader centrista ”a livello nazionale con la crisi dei partiti e delle istituzioni e, a livello mondiale, con la globalizzazione, in cui, troppo spesso, prevalgono pochi grandi gruppi finanziari che, di certo, non hanno a cuore gli interessi della persona, sarebbe auspicabile un maggior impegno dei cattolici credenti in politica”.
“Lo sarebbe a maggior ragione -dice Cesa all’Adnkronos- per riportare al centro il valore della dignità della persona, pur tra le difficoltà che Follini mette bene in evidenza”.
”Non lo è stata la Dc nel ’48 un partito di soli cattolici, figuriamoci se oggi c’è spazio per un partito di cattolici… Ci vuole un centro, non altro”. Ne è convinto Giuseppe Gargani, storico parlamentare Dc e attuale presidente della ‘Federazione popolare dei democratici cristiani’, fondata nel 2019. L’ex ministro della Giustizia prende spunto dall’editoriale di Marco Follini per spiegare all’Adnkronos che ora è il momento di costituire in partito di centro: ”Tutti quei partiti che hanno una comune sensibilità culturale e strategia devono fare un partito di centro, perché esiste in questo Paese un comune sentire che va sotto il nome di centrismo”.
Il “centrismo”, assicura Gargani, “è l’unico in grado di governare. Le ‘estreme’ non possono governare. Noi da vari anni siamo stati governati dalle ‘estreme’, che avevano la maggioranza”, ma ora ”con Draghi è tornato il centrismo e con lui la politica di centro e quindi il governo…”. Gargani rievoca il passato per spiegare il presente e precisare che il partito dei cattolici in sostanza non c’è mai stato in Italia. C’è stato, invece, un partito laico che ha avuto un’ispirazione cattolica e cristiana, sostenuto in un primo momento anche dal Vaticano, che ha messo come base valoriale il messaggio politico di Sturzo.
Mi riferisco al popolarismo, anzi, alla cultura del popolarismo


