Climate change: la grande finanza pubblicizza la causa ambientalista

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Roma – Il climate change o cambiamento climatico è ormai diventato il protagonista assoluto di ogni dibattito. Quindi era inevitabile che se ne parlasse a Davos durante l’ultimo World Economic Forum. Nella piccola cittadina svizzera si confrontano i big della finanza e della politica. Quest’anno tra i protagonisti spiccavano i nomi del presidente Usa Donald Trump, Ursula von der Leyen (Presidente della Commissione europea) e Christine Lagarde, Presidente BCE. Ovviamente non poteva mancare il “filantropo” George Soros e la giovanissima “attivista climatica” Greta Thunberg. Il tema centrale di quest’anno lo sviluppo sostenibile con lo slogan “Stakeholders for a Cohesive and Sustainable World” (Azionisti responsabili per un mondo coeso e sostenibile).

La grande finanza sposa l’ambientalismo

Perfino i big della finanza sono preoccupati per climate change. Per questo, come spesso accade, le scelte politiche più radicali avvengono con la scusa di un incombente pericolo. Secondo i partecipanti al Forum, per la prima volta i maggiori rischi per l’economia globale dipendono dal clima. Stiamo parlando di disastri naturali o causati dall’uomo, condizioni meteorologiche estreme, perdita di biodiversità. In sintesi, questo è il messaggio contenuto nell’ultimo report “Nature Risk Rising” prodotto dal Forum economico mondiale (Fem) di Davos, giunto alla sua 50esima edizione, in collaborazione con Pwc. Forse però le cose non stanno esattamente così. Molti autorevoli scienziati smentiscono queste tesi: nessuno ha dimostrato che l’innalzamento delle temperature sia dovuto al solo fattore antropico. Purtroppo, però, nei convegni importanti questi studiosi sono sostituiti da personaggi tanto famosi quanto incompetenti. Il World Economic Forum di quest’anno non ha fatto eccezione. La presenza di Greta Thunberg è la dimostrazione di quanto detto sopra. A parte Trump la giovane svedese, anche se non ha mai studiato climatologia, è vista da tanti o meglio da troppi come un oracolo.
L’ipocrisia degli investitori

Ovviamente nessun big della finanza o della politica crede veramente a quello che dice l’attivista sedicenne. Tuttavia, le banche d’affari e fondi d’investimento vogliono sfruttare questo allarmismo per accrescere il loro potere. Finora, le cose sono andate differentemente. Secondo alcuni organi di stampa, le grandi banche globali che hanno versato collettivamente 1.900 miliardi di dollari in combustibili fossili. Stiamo parlando di giganti della finanza come JP Morgan Chase, Citi, Bank of America, RBC Royal Bank, Barclays, seguite ds MUFG, TD Bank, Scotiabank, Mizuho, Morgan Stanley. La cosa in fondo non stupisce chi opera sui mercati internazionali cerca di trarre profitto puntando sul cavallo vincente. La svolta green di oggi si spiega solo in quest’ottica. Qualcuno, però, sembra aver preso a cuore la lotta contro il climate change. Si tratta di Larry Fink co-fondatore, Ceo di BlackRock. Vediamo perché.
La svolta green di BlackRock

Nella lettera annuale ai suoi dirigenti, Fink afferma che: “Il climate change è diventato un fattore determinante per le prospettive a lungo termine delle aziende e che siamo sull’orlo di un fondamentale rimodellamento della finanza”. Nulla sarà più come prima sui mercati internazionali. Pertanto, gli operatori del settore devono essere preparati prima che arrivi la tempesta. Ovviamente il nuovo corso di BlackRock influenzerà il mondo della finanza. La missiva è stata scritta dal presidente della maggior società di asset management mondiale, con quasi 7mila miliardi di dollari in gestione. Resta ora da capire come avverrà questo cambiamento.

Secondo Fink, sempre più clienti stanno cercando di riallocare i propri investimenti in strategie sostenibili: “Se il dieci per cento degli investitori globali lo facesse – o addirittura il cinque per cento – assisteremmo a massicci spostamenti di capitale”. E questa dinamica accelererà man mano che la prossima generazione prenderà il comando, in politica e nel business. Il futuro promette bene: “Migliaia di miliardi di dollari a poco a poco passeranno nei prossimi decenni ai millennial, quando questi diventeranno amministratori delegati e politici e capi di Stato, rimodelleranno ulteriormente l’approccio mondiale alla sostenibilità”. In pratica, il finanziere americano ci sta dicendo che tra qualche decennio saremo governati da gente come Greta. Se così fosse il futuro del pianeta sarebbe veramente a rischio.

Salvatore Recupero