COME DICEVA LA CANZONE

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Churchill, che era un grande e qualche volta sprezzante nei giudizi, disse che gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio, e perdono le partite di calcio come se fossero guerre

Non giudicherei gli inglesi dai fischi all’inno, nè dagli incidenti, nè dai commenti razzisti contro i tre ragazzi che hanno sbagliato i rigori. E neanche dal doloroso sentimento della sconfitta che avvolge titoli di giornale, immagini e social. Tutto questo fa parte della normalità, bella o brutta. Quello che va oltre è il rifiuto di tenersi al collo la medaglia del secondo posto, come se potessero essere solo primi.

Non è un evangelico richiamo al pregio di essere ultimi, ma una vecchia legge di sport e di vita: saper perdere aiuta a vincere, la volta dopo. Ho visto, in vita mia, solo tre o quattro guerre fatte anche dagli inglesi: nei Balcani, nelle Falkland, in Iraq e in Afghanistan, L’unica vinta è stata quella più imperiale, le Falkland. Le altre, che erano missioni di pace cui abbiamo partecipato anche noi, sono state tutte perse. Per noi è normale, ti lecchi le ferite, ti accontenti dell’onore, torni a casa.

Per loro meno, non hanno avuto neanche il Vietnam di francesi o americani, o l’Afghanistan dei russi. Sanno solo vincere. Il sentimento della sconfitta è difficile da maneggiare, essere perdenti è un’arte di dignità e orgoglio ferito, senza spazio per la spocchia. Certe volte essere vincenti per destino, vocazione e professione è un difetto, caro il mio Churchill.

Curiosamente una canzone dei miei anni ’60, che ci insegnava quel che sapevamo già – saper perdere – l’abbiamo imparata da un gruppo con l’accento inglese, i Rokes.

Toni Capuozzo