Come lo racconti un anno così?

0
49

Non lo racconti, credo, te lo porti addosso come un peso da condividere con altre e altri, con tutti.
Era febbraio, il 22 e cadeva di sabato, stavamo all’ultima assemblea nazionale del Pd fatta in presenza, all’Auditorium di Via della Conciliazione. Vuol dire che esci dalla sala e se guardi a destra hai dinanzi la Basilica e la Cupola.
Il giorno prima si era avuta la notizia del paziente zero a Codogno. Iniziava la discesa. Il lockdown di marzo, le vie senza vita, serrande chiuse, le code per la spesa, mascherine, igienizzante, e i bollettini serali, le bare di Bergamo, l’ordine del tempo che mutava segno, invertiva abitudini, distanziava i corpi, isolava, archiviandoli, i gesti.
Quanto tempo è che non stringiamo una mano, abbracciamo un amico o una figlia? Ce lo avessero detto avremmo faticato a dar retta. Il buono? A volerlo cercare c’è, una riscoperta del sapere costruito, ricercato, riconosciuto. Se voglio capire dove siamo ascolto un medico, un esperto virologo, uno di cui leggo la qualifica nel sottopancia dello schermo, chi è, a che titolo mi parla. Parrà poco, ma quella pantomima dell’uno vale uno, del siamo tutti uguali, sediovuole ce la siamo lasciata alle spalle.
Siamo arrivati così al momento dell’anno che emoziona da sempre, che ricompone affetti e condivide istanti, musiche originate dall’infanzia, riti e tavole ricche di ogni bene.
“Intorno / circola ad ogni cosa / un’aria strana, un’aria tormentosa”, così il nostro Poeta che amava i versi onesti. Anche per noi l’aria sa di tormenta, ci si interroga immaginando il tempo che servirà a uscire da questo inverno che il calendario registra all’inizio e noi vorremmo fosse giunto al termine.
Dicono gli scienziati che la variante inglese potrebbe attecchire più facilmente su chi è più giovane, facciamo che l’anno entrante almeno questa di pena ce la risparmi. E lasciamo che il pensiero di queste ore, e del ricordo che ciascuno serba della sera più attesa nell’anno, ricordi magari sepolti, arrivi a chi la vivrà in un isolamento insolito, imprevisto e tanto più assurdo per questo.
Vada quel pensiero alle migliaia di Rsa sparse dal punto più alto a quello più basso dell’Italia lunga, a chi attende lì una parola o lo squillo di un cellulare. Perché quello, almeno quello, si potrà avere.
A voi, a tutte e tutti voi, che capitate su questa pagina e la rendete uno spazio vitale e prezioso per me, la sola parola è di gratitudine e l’augurio di ogni cosa possiate desiderare, il che vuol dire le più semplici perché sono sempre quelle che nella vita contano di più.
Passate una serata e un Natale sereni, lo meritate, un po’ lo meritiamo tutti e il meglio arrivi per ciascuna e ciascuno di voi e per chi amate.
Un abbraccio grande