CON LE PRIME DECISIONI ASSUNTE DA DRAGHI, SI PUO’ FINALMENTE AVVIARE UNA “COSTITUENTE PER UN FISCO AMICO DELL’IMPRESA E DEL LAVORO”

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IVANO TONOLI, SEGRETARIO POLITICO UNIONE CATTOLICA E PRESIDENTE CONFEDES: “NEL CAMPO DELLA TASSAZIONE, CI VORRA’ ANCORA DEL TEMPO PRIMA DI RIPARARE TUTTI I DANNI CAUSATI DAI PRECEDENTI GOVERNI TECNICI E POPULISTI, MA LA STRADA INTRAPRESA DAL NUOVO PREMIER HA COME TRAGUARDO FINALE IL RECUPERO DELLA FIDUCIA RECIPROCA TRA IL CONTRIBUENTE E LO STATO”

IL VERO ELEMENTO DI SVOLTA, DI RIVOLUZIONE MITE MA DETERMINATA, SARA’ LA DEFINITIVA INTRODUZIONE, ALL’INTERNO DEL NOSTRO ORDINAMENTO, DELLA COSIDDETTA “SECONDA POSSIBILITA'”, UN VERO “PATTO TRA GALANTUOMINI” TRA I PRODUTTORI DI RICCHEZZA E DI REDDITO E L’ERARIO PER LA TOTALE RIABILITAZIONE E RIPARTENZA DEI PRIMI E CON L’IMPEGNO DEL SECONDO A PROGRAMMARE FIN DALL’INIZIO, NEGOZIALMENTE, LE PROPRIE RICHIESTE IN UN QUADRO DI CERTEZZA E RAGIONEVOLEZZA E DI RINUNCIA TOTALE A QUALSIASI ATTEGGIAMENTO OSTILE A DISCAPITO DI CITTADINI E IMPRENDITORI. L’INTERPELLO FISCALE DI TIPO PREVENTINO, OGGI PRIVILEGIO SOLO DELLE MULTINAZIONALI, SARA’ DA NOI ESTESO A TUTTI

In materia fiscale, la nostra constatazione è che le decisioni iniziali assunte dal Governo Draghi, nel settore fiscale – che rappresenta una strategica infrastruttura ordinamentale per incoraggiare l’iniziativa dell’impresa e del lavoro – creino le premesse di un cammino, finalmente spedito, verso il recupero di un clima di fiducia reciproca fra il Contribuente e lo Stato: missione di certo non facile e anzi resa complicatissima dalla serie di interventi, privi di logica e di coordinamento interno, susseguitisi dal termine della Prima Repubblica politica e sino a tutto il secondo governo Conte. Il rinvio di alcune scadenze nel campo delle obbligazioni amministrative e tributarie, non fine a se stesso bensì accompagnato da provvedimenti come la semplificazione del bonus edilizio del 110 per cento e la restituzione ai Contribuenti dei versamenti effettuati in eccesso sulle cartelle esattoriali oggetto di successivo stralcio, sembra infatti e fondatamente preludere non al differimento “sic et simpliciter” di versamenti che rimangono onerosi e insostenibili anche alla loro nuova scadenza, quanto piuttosto alla volontà di avviare una fase costituente per un fisco che torni “amico”, non in senso astratto ma proprio come ai tempi della “riforma Vanoni” che – varata negli anni Cinquanta del secolo scorso – incentivò nel decennio a seguire la più lunga fase di crescita economica dell’Italia nel secondo dopoguerra: amico, appunto, della creazione del reddito e del lavoro autonomo e dipendente, in una cornice di vicendevole lealtà e chiarezza utile a finanziare un apparato statale che non faccia più pagare due o tre volte uno stesso servizio pubblico e sociale magari nel frattempo tagliato o cancellato dalla cattiva politica.
Siamo perfettamente consapevoli del fatto che non basteranno pochi mesi a riparare i guasti, estesi e profondi, creati nel corso dei tre decenni precedenti, e che si sono palesati in tutta la propria devastante dirompenza proprio quando sarebbe stato più necessario, in un tempo di pandemia globale, poter contare su interventi istituzionali esaustivi e puntuali. Pensiamo solamente ai disastri creati dai governi “giallo-verde-rossi” di Conte 1 e 2, che nel 2018 caricò il sistema delle imprese di maggiori costi fiscali per 40 miliardi di lire, decretando la non deducibilità degli interessi passivi sui mutui; oppure ancora al dualismo tra bilancio in senso civilistico e bilancio in senso tributario, che per effetto di meccanismi perversi – come la famigerata Irap – trasforma un’azienda in perdita involontaria in un soggetto chiamato comunque a versare imposte ingenti all’Erario.
Non da ultimo, dati dello stesso ministero dell’economia e delle finanze, non dobbiamo sottacere la più terribile delle eredità di Conte, oltre al dramma della mancata prevenzione e del mancato controllo dei contagi virali: un extra-scostamento di bilancio, maggiore deficit che si tramuta in maggiore stock di debito sul quale dovrà intervenire la BCE in funzione calmieratrice di lungo periodo – funzione resa possibile grazie agli strumenti di acquisto massivo dei titoli di Stato introdotto al tempo della Presidenza di Draghi a Francoforte -: uno scostamento che la sinistra Pd e 5 stelle ha fatto lievitare a 165 miliardi di euro, e che non è servito a scongiurare il crollo di 400 miliardi del fatturato industriale e commerciale Italiano nel corso del 2020, né a impedire l’aumento a 6 milioni dei nostri Connazionali in povertà assoluta, con buona pace del “finto reddito di finta cittadinanza” preso dalle nostre pensioni e dai nostri salari.
Se si fosse puntato, con la stessa cifra, ad accrescere presso i fondi del Mediocredito Centrale e della SACE gli strumenti di garanzia per non perdere l’accesso al credito agevolato e pre-ammortizzato, e per non venire spiazzati dalla sleale concorrenza asiatica sui mercati internazionali, oggi ci ritroveremmo con un Paese sì purtroppo comunque provato dagli effetti del nuovo coronavirus cinese, ma con centinaia di migliaia di aziende – a ognuna delle quali, va detto alla sinistra, corrisponde una o più famiglie che ne traggono sostentamento quotidiano – tratte in salvo dalla lunghissima catena di fallimenti a cui invece si è passivamente assistito.
Il Partito Unione Cattolica e la Confederazione datoriale e sindacale CONFEDES sono pronte, pertanto, ad appoggiare in tutte le sedi il progetto di una “Costituente del fisco amico” che culmini, una volta per tutte e in maniera irreversibile, alla codificazione in concreto nel nostro ordinamento del principio della “Seconda Possibilità” da riconoscere con urgenza a due famiglie su tre, perché le stesse possano rientrare a pieno titolo nel circuito dell’economia emersa e regolare, circostanza oggi impedita dalle previgenti leggi esattoriali nazionali e da direttive europee, l’ultima delle quali è quella in tema di “Default”, il cui subitaneo disinnesco è tanto importante quanto la necessità di immettere nuove ulteriori risorse liquide e monetarie.