Concordia, de Falco: “Schettino della politica è chi si sottrae ai processi”

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Oggi è un senatore della Repubblica Italiana, ma 8 anni fa, Gregorio de Falco, capitano di fregata in aspettativa, divenne celebre per il suo operato nel disastro della Costa Concordia.

Otto anni dopo quel tragico evento in cui morirono 32 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio, l’onorevole de Falco parla a TPI ricordando l’accaduto e riflettendo su alcuni importanti eventi che hanno cambiato la sua vita dopo quella data.

▪️Costa Concordia, cosa ci ha insegnato la tragedia?

“La tragedia della Costa Concordia si deve vedere come un unicum, perché nella sua tragicità disastrosa, è un fatto irripetibile determinato dalla scelleratezza delle persone.”

▪️Ci spiega meglio?

“Nel film “La grande bellezza” tutte le scene ambientate al mare sono state girate all’Isola del Giglio, presso il faro di Capel Rosso, località nota, purtroppo, per la tragedia accaduta alla nave da crociera Costa Concordia.

Il film si apre con un gesto scellerato: Jep Gambardella è con un gruppo di amici al mare e mentre sta nuotando a un certo punto si immerge velocemente perché sta arrivando a tutta velocità un motoscafo. La condotta di navigazione del motoscafo si può definire scellerata perché passava ad alta velocità. Jep evita per un soffio la tragedia.

Ecco, oggi un atto scellerato provoca disastri straordinariamente più grandi. Da un punto di vista metaforico e paradigmatico, la nave è l’effetto moltiplicatore della globalizzazione. Ecco perché chiude il film, secondo me, con l’immagine della Concordia.

Questa tragedia poteva diventare un’ecatombe. Essere il comandante di una nave è ruolo istituzionale. Questa differenziazione dovrebbe riguardarci anche nel momento in cui andiamo a verificare l’adeguatezza delle persone al proprio ruolo istituzionale. Il senso della responsabilità è ciò su cui si basa anche la democrazia.”

▪️Nulla più di una nave può essere un paradigma di cosa voglia dire condurre un Paese…

“È il paradigma naturale con la comunità. Una comunità viaggiante. La necessità è quella di condurre verso un approdo. Avendo stabilito qual è l’approdo e muovendosi all’interno delle regole.

Il susseguirsi degli eventi per il caso Costa Concordia è gravissimo perché comporta il tradimento del senso di responsabilità che invece è necessario. Non tanto l’abbandono del comando fatto la Schettino, ma proprio il tradimento laddove si faccia prendere a questa comunità una rotta suicida.

Immettere la prua sull’isola: quello è stato il primo tradimento. L’aver impostato un obiettivo che era fuori dalle finalità.”

▪️In quella occasione lei tentò di richiamare Schettino alle sue responsabilità. Emblematico di quanto accade tutti i giorni nella società. Da allora la sua vita è cambiata, anche adesso si ritrova a ricoprire un ruolo di responsabilità, tornando indietro sceglierebbe di nuovo la politica?

“La scelta di entrare in politica è stata dettata dall’esigenza di assumere un ruolo più diretto di servitore del Paese. In questo ruolo, con queste responsabilità, a me sembra di poter contribuire meglio. Il ruolo parlamentare si esplicita con alcune funzioni, anche di diritto e controllo rispetto al governo.

Quindi rifarei assolutamente la stessa scelta. Sicché mi rendo conto di poter contribuire anche in piccolissima parte. Lavorando in questo mondo mi sto rendendo conto, ahimé, che con il salire di livello e l’innalzamento delle prerogative, non avviene un corrispettivo innalzamento delle responsabilità. Questo squilibrio è gravissimo.”

▪️Se le chiedessi di indicarmi uno Schettino della politica?

“Ognuno ha una parte di responsabilità allorquando si sottrae alle proprie responsabilità. Io, quando ho fatto il soccorso alla Concordia, mi sono caricato di un dovere che non era mio. Quando succede un fatto del genere non si trovano molte persone disposte a fare una cosa del genere. Quando ho fatto quel soccorso ero semplicemente capo della sezione operativa della capitaneria di porto di Livorno, con competenze che vanno da Livorno verso sud, isola d’Elba esclusa. Il giglio è molto più giù.

Questo significa che avrei potuto dire “non mi compete”, altro è immaginare che a bordo di quella nave ci siano le mie bambine, o persone care. E allora ci si rende conto di dover fare il proprio dovere. Questo è non scappare dalle proprie responsabilità e non vantare, petto in fuori, di voler affrontare pericoli e poi scappare, per esempio dal processo.

E non affrontare le proprie responsabilità è da irresponsabili, per definizione.”

▪️Si riferisce a Salvini e al processo Gregoretti?

“Parliamo della Gregoretti, della Diciotti, qui si scappa sempre.

Il processo Gregoretti è ancora più significativo della Diciotti, ma hanno una base comune: cioè dell’inutile crudeltà. Perché quelle persone, le 177 prima e le 131 dopo, erano a bordo della nave militare Diciotti e Gregoretti. Quindi erano in Italia. Erano in acque interne, interne al porto. Si sarebbe dovuto – non potuto ma dovuto – farle sbarcare, farle stare in un hotspot e poi decidere della loro posizione.

Un atto è politico soltanto quando ha un interesse generale, ma il non consentire lo sbarco quando invece è obbligatorio, non è un’attività politica, è un atto amministrativo, di basso livello, che non è libero di fini.

Il fine era di soccorrere quella gente e il fine non può essere modificato. Neppure dal presidente della Repubblica. Il dovere in questo caso esiste giuridico, non morale.”

▪️Un “capitano” (capitano è il soprannome attribuito a Salvini, ndr) che è poco capitano?

“Non a caso si è attribuito un grado e non una qualifica. Capitano è un grado. Mentre la qualifica viene resa al participio passato: cioè comandante. Colui che è al comando e in quel momento è pronto a rispondere.

Le parole hanno un peso e un significato, talvolta si cerca di manipolarle.”

▪️Parlando della Gregoretti, cosa accade nella Giunta di cui lei fa parte e cosa accadrà secondo lei?

“Bisogna avere la pazienza di leggere le carte. C’è un limite che va rispettato ed è quello dei 60 giorni. Il termine del processo è di 60 giorni dalla comunicazione dalla procura al Senato. Noi stiamo trattando questa questione come deroga, perché stiamo sottraendo una persona al giudice. Caso che si verifica solo se ci sono quelle specifiche ricorrenze indicate dalla legge costituzionale.

Purtroppo è noto che c’è un enorme discostamento dai fini e c’è una vera e propria manipolazione, perché il presidente Gasparri anziché essere un elemento di imparzialità, non solo prende parte, ma lo fa cambiando le regole che lui stesso ha contribuito a creare.”

▪️Ritorniamo alla Concordia, il tempo passa, ma c’è qualcosa che resta più impresso di altro?

“Quella notte avevo chiara la situazione da come mi veniva riportata dai miei occhi sul luogo, cioè dalle motovedette, che mi raccontavano la situazione. Ricordo la famiglia di ragazzi sardi, marito e moglie con un bambino piccolo. Mentre scendevano dalla scaletta di corda per trovare una via di fuga, il bimbo dimenandosi per la paura scivolò via dalle braccia del padre.

Lo prese al volo un soccorritore sue zattere che avevamo spinto sottobordo della nave. Fu una bella scena. Me la raccontarono loro stessi un anno dopo.

Ricordo anche Giuseppe Girolamo, un batterista che aveva lasciato il proprio posto su una scialuppa a una bambina. Lui non sapeva nuotare, fu un vero atto di altruismo. Purissimo altruismo. Quel ragazzo andrebbe ricordato.”