Condominio – un bar è un bar e non è un’altra cosa

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Condominio – un bar è un bar e non è un’altra cosa e può essere aperto in un condominio se il regolamento condominiale di natura contrattuale non lo vieta espressamente

A fine 2020 il Tribunale di Pisa – la sentenza è la n. 1181 del 28.12.2020 – è tornato sull’argomento dei divieti e dei limiti imposti alla proprietà privata dal regolamento condominiale di natura contrattuale e lo ha fatto esaminando specificamente il presunto divieto di adibire le unità in condominio a bar

Introduzione

Questa pronuncia del Tribunale di Pisa è meritevole di menzione e di apprezzamento non certo per aver affrontato temi nuovi né per aver suggerito un nuovo angolo prospettico per esaminare fattispecie ben conosciute, ma per aver saputo ricostruire con chiarezza ed efficacia i principi generali che permeano questa materia e per averne saputo fare buona applicazione pratica per affrontare e risolvere la fattispecie sottoposta al suo esame.

La sentenza Trib. Pisa 28.12.2020 n. 1181

Come dianzi accennato, il giudice toscano ha dapprima “dipinto” il quadro generale delle regole che governano la specifica materia e ha poi ben “calato” tali regole generali, tali precetti generali nel caso concreto e, quindi, nella specifica fattispecie.

> il fatto

La vicenda finita sul tavolo del Tribunale di Pisa può essere schematicamente riferita e riassunta così:
• all’interno di una delle unità immobiliari site dal piano terra su strada di un edificio condominiale viene aperto un bar;
• qualche condomino non gradisce e si oppone;
• questa opposizione “si veste” da azione giudiziaria civile volta a far accertare l’illegittimità – per contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento condominiale di natura contrattuale – della citata destinazione a bar;
• per quanto qui interessa, tale regolamento vieta la destinazione delle unità facenti parte del condominio a “ristoranti”, “ritrovi” e “circoli” e, in generale, vieta “qualsiasi uso che possa turbare la tranquillità dei condomini”;
• il Tribunale di Pisa esclude che le clausole del regolamento siano idonee a vietare validamente la destinazione delle unità a bar e pronuncia, quindi, la legittimità di tale destinazione.

> il diritto – il ragionamento del Tribunale

Come detto, il Tribunale riassume – anche “appoggiandosi” espressamente a pronunce della Suprema Corte e dei giudici di merito – le regole di carattere generale vigenti in tema di regolamenti condominiali di natura contrattuale e di divieti e limiti dai medesimi imposti alla proprietà privata dei partecipanti al condominio.
Schematicamente:
• il regolamento condominiale di natura contrattuale è, ad ogni fine ed effetto, un contratto atipico ex art. 1322 cod. civ.;
• ne consegue che le sue previsioni sono da considerarsi legittime se ed in quanto siano dirette – come dice espressamente il codice – “a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”;
• il “perimetro” della legittimità delle clausole limitative della proprietà esclusiva, contenute in un regolamento di natura contrattuale, e, quindi, dell’idoneità concreta delle medesime a raggiungere l’obiettivo, per cui sono state pensate, può declinarsi in due diversi e specifici modi:
a) l’elencazione esplicita delle attività e degli usi vietati
b) l’indicazione chiara del pregiudizio (o dei pregiudizi) che la specifica clausola vuole evitare;
• quanto sub a) e b) trova la sua ragion d’essere nell’impossibilità di interpretazioni analogiche ed estensive delle clausole limitative dei diritti dei singoli. Nel divieto – per usare le parole dello stesso Tribunale di Pisa – di “esegesi estensiva di una clausola limitativa del diritto di proprietà”
• detto altrimenti: il regolamento deve contenere clausole esplicite e specifiche.
La giurisprudenza sul punto non manca: si veda, per tutte, Cass. 20.7.2009 n. 16832: “Le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva, contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo tale da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni. Trattandosi di materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze”. Ad essa “si affiancano” le pronunce espressamente invocate nella parte motiva da Trib. Pisa 28.12.2020 n. 1181: Cass. 20.10.2016 n. 21307, Cass. 11.9.2014 n. 19229, Tribunale Torino 27.8.2020 n. 2849;
• a quanto già esposto deve aggiungersi che, del tutto coerentemente, è stato statuito che – ancora Trib. Pisa 28.12.2020 n. 1181 – “ .. l’interpretazione del contenuto della clausola del regolamento condominiale da cui scaturisca un limite o un obbligo imposto alle singole unità immobiliari deve essere compiuta restrittivamente (Cassazione civile sez. II, 06/12/2016, n. 24958), rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti (Tribunale Milano, 15/02/2019, in DeJure)”.
Analogamente la già citata Cass. 20.7.2009 n. 16832, secondo la quale i divieti e i limiti alla proprietà individuale “.. non possono quindi dar luogo ad un’interpretazione estensiva delle relative norme”;
• sotto lo specifico aspetto dianzi citato sub b), la sentenza qui in commento cita a sua volta Trib. Torino 27.8.2020 n. 2849, secondo la quale “atteso che qualsivoglia limitazione alla destinazione delle cose di proprietà individuale in ambito condominiale va inevitabilmente a comprimere o limitare il diritto di dominicale sul bene del singolo e le facoltà ad esso connesse, è chiaro come divieti e limiti a tale destinazione debbano essere espressamente previsti dal regolamento condominiale, con una elencazione dettagliata delle singole attività vietate, così come deve essere ben individuato il pregiudizio che verrebbe arrecato allo stabile, in modo da consentire di accertare l’effettiva capacità della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vogliono evitare. Ciò in quanto l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui individua limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo che possano, per ciò solo, estendere oltremodo l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale”.

“Dipinto” questo quadro generale, il Tribunale di Pisa “cala” le regole e i precetti generali nel caso concreto e, quindi, nella specifica fattispecie.
Schematicamente:
• è vero che lo specifico regolamento condominiale di natura contrattuale vieta di destinare le unità a “ristoranti”, ma è altrettanto vero che un ristorante e un bar sono concettualmente realtà diverse.
Sul punto, la sentenza qui in commento osserva che “ .. la distinzione tra esercizi di ristorazione e esercizi destinati all’attività di bar è prevista, a vari scopi, da molteplici fonti normative”;
• è vero che lo specifico regolamento condominiale di natura contrattuale vieta di destinare le unità a “circoli”, ma è altrettanto vero che un bar non è un circolo.
Qui, invero, il Tribunale risulta piuttosto “ermetico” e ben avrebbe potuto spendere qualche parola in più;
• è vero che lo specifico regolamento condominiale di natura contrattuale vieta di destinare le unità a “ritrovi”, ma è altrettanto vero che un bar non è un ritrovo.
Qui, invero, il Tribunale risulta piuttosto “ermetico” e ben avrebbe potuto spendere qualche parola in più;
• è vero che lo specifico regolamento condominiale di natura contrattuale vieta “qualsiasi uso [delle unità in condominio – n.d.A.] che possa turbare la tranquillità dei condomini”, ma è altrettanto vero che clausole di questo tenore sono troppo vaghe per essere ritenute idonee “a introdurre delle concrete ed effettive limitazioni al diritto di proprietà”;
• alla luce del fatto che il regolamento condominiale non contiene lo specifico ed espresso divieto di bar e che le sue clausole non possono e non devono essere interpretate estensivamente, la sola conclusione legittima e possibile è che sia legittimo aprire in quel condominio un bar.

Volendosi astrarre dalla fattispecie concreta e volendo provare a “distillare” una regola di portata generale, si può dire questo: le unità immobiliari facenti parte di un condominio non possono essere destinate a bar se e solo se il regolamento di natura contrattuale vigente in quel condominio lo vieta espressamente e senza alcuna ambiguità.

avv. Marco Ribaldone