Consulta: “Il Dpcm necessario in un momento di emergenza” Chi lo dice a Cassese?

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Nessuna forzatura della Carta
Dopo un anno vissuto pericolosamente, la Corte Costituzionale mette la parola fine al ribellismo registrato da parte delle Regioni nella gestione della pandemia da Covid-19. Per la Consulta l’esercizio della competenza statale esclusiva in materia di profilassi internazionale e l’attivazione di strumenti come i Dpcm “capaci di adattarsi alle pieghe di una situazione di crisi in costante divenire” rappresentano – ci perdonerà il professor Cassese – una soluzione consona al contrasto dell’emergenza. Che ha tratti del tutto peculiari che giustificano la scelta “di nuove risposte normative” tarate sull’urgenza di contenere un contagio rapido e imprevedibile. Sono invece illegittime leggi regionali come quella adottata dalla Valle d’Aosta con il chiaro intento di sovrapporre “la catena di regolazione della Regione a quella prescelta dalla competente normativa dello Stato, con conseguente invasione di una sfera di attribuzione” che è sottratta all’intervento del legislatore locale.
Ma cos’era successo? A dicembre 2020 la Regione autonoma aveva varato una legge per impedire di fatto l’immediata e diretta applicabilità delle misure varate dal governo Conte sul territorio valdostano. E Palazzo Chigi aveva dunque chiesto alla Consulta di sterilizzarne gli effetti e i rischi: la legge in questione infatti consentiva attività potenzialmente incompatibili con l’andamento della pandemia e misure ben più blande di quelle adottate a livello nazionale. Imponendo dunque regole autonome e alternative, in pieno contrasto con l’esigenza di una disciplina unitaria, di carattere nazionale, idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività. “Per quanto fondamentale sia l’apporto dell’organizzazione sanitaria regionale, a mezzo della quale lo Stato stesso può perseguire i propri scopi, il legislatore statale è titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti” ha sottolineato la Corte Costituzionale.
Affermando che le norme locali sono legittime nei limiti in cui esse si inseriscano armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale, stante il grave pericolo per l’incolumità pubblica. Per essere più espliciti, ciò vuol dire che per quanto siano le strutture sanitarie regionali ad adoperarsi a fini profilattici, “resta fermo che, innanzi a malattie contagiose di livello pandemico, ben può il legislatore statale imporre loro criteri vincolanti di azione, e modalità di conseguimento di obiettivi che la medesima legge statale, e gli atti adottati sulla base di essa, fissano, quando coessenziali al disegno di contrasto di una crisi epidemica”. E ancora. “Ciò che la legge statale permette non è una politica regionale autonoma sulla pandemia, quand’anche di carattere più stringente rispetto a quella statale, ma la sola disciplina (restrittiva o ampliativa che sia), che si dovesse imporre per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un dpcm e prima che sia assunto quello successivo”.

Gabriele Lanzi