CORONAVIRUS: A MILANO IMPENNATA DI ANZIANI DECEDUTI IN CASA

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DATI ATS CONFERMANO RICORSO PRESENTATO DAL CODACONS PER CONOSCERE IL NUMERO DI MORTI FUORI DAGLI OSPEDALI

A GIORNI IL TAR DEL LAZIO DECIDERA’ SU RIFIUTO DELLA PROTEZIONE CIVILE A FORNIRE IL DATO ALLA POPOLAZIONE

I dati forniti ieri dall’Ats di Milano confermano in tutta la loro drammaticità l’esigenza, sfociata in un ricorso al Tar promosso dal Codacons, di conoscere il numero di positivi al coronavirus che muoiono nelle proprie abitazioni e al di fuori delle strutture sanitarie.
L’Ats della città Metropolitana di Milano ha comunicato ieri un dato allarmante – spiega l’associazione – In base ai numeri forniti, il totale degli anziani morti nelle loro case supera quello dei deceduti nelle Rsa, con il tasso di mortalità della popolazione over 75 tragicamente aumentato nel 2020 rispetto allo scorso anno a causa del Coronavirus: il rapporto fra i pazienti deceduti al proprio domicilio nel marzo 2020 rispetto al marzo 2019 è superiore al 2. All’interno delle Rsa tale rapporto si ferma invece a 1,6.
Dati che confermano in pieno il ricorso promosso dal Codacons e finalizzato ad ottenere dalla Protezione civile il numero di malati di coronavirus deceduti all’interno delle proprie abitazioni, su cui si pronuncerà a giorni il Tar del Lazio dopo il rifiuto da parte dell’ente guidato da Angelo Borrelli di fornire i dati richiesti.
Di seguito in sintesi i motivi alla base del ricorso Codacons:

1) Se un cittadino ha sintomi da coronavirus e crede di non avere possibilità di essere curato in ospedale rimane a casa senza cure adeguate; questo perché non viene informato di quanti malati rimasti a casa siano deceduti proprio per mancanza di ricovero e cure;
2) può essere spinto a decidere di rimanere a casa per via della comunicazione incerta e incompleta fornita che da una parte allarma sulla possibilità di ricovero, ma dall’altra non dice quanti, da ciò ingannati, hanno scelto malamente di rimanere a casa senza cure o con cure inadeguate fino a morire;
3) Se si sapesse il numero di coloro che, presentando sintomi da coronavirus, hanno deciso di rimanere a casa e qui sono deceduti, i cittadini chiederebbero l’intervento delle strutture sanitarie per essere portati in ospedale e ricoverati;
4) Ciò eviterebbe anche che un probabile contagiato infetti tutti i familiari e altri abitanti del palazzo dove vive e darebbe la consapevolezza ai cittadini che devono prestare la massima attenzione agli altri concittadini chiusi in casa nello stesso stabile;
5) Ciò eviterebbe ai cittadini l’abbandono dell’idea di essere curati in ospedale e anche, se servisse, essere collocati in terapia intensiva, abbandono ad oggi frequentissimo poiché moltissimi cittadini comunicano al Codacons che, pur stando male, hanno paura di chiedere l’ospedalizzazione sia per le carenze del SSN sia per non essere separati dai familiari; sicché preferiscono aspettare il più possibile per tentare cure a casa nell’ambito familiare, cosa questa pericolosissima per loro e per la comunità intera, non essendo correttamente informati circa il numero di decessi in casa;
6) Se, come è probabile, dopo una settimana il cittadino rimasto a casa per carenza di informazioni sia sui decessi nelle abitazioni sia sui posti disponibili in ospedale, si aggravi e chieda di essere portato all’ospedale, risulterà il danno gravissimo ed irreparabile derivante dal tempo di attesa per prendere questa decisione, col rischio di arrivare in ospedale ormai già grave.