Coronavirus, USB: a Roma la protezione dei lavoratori sembra non riguardare la sindaca Raggi

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Le proteste che si levano dalle tante aziende del Comune o in appalto con l’amministrazione capitolina sono ormai assordanti. La richiesta più diffusa è sempre la stessa: perché non vengono adottate le misure di sicurezza per proteggere i lavoratori?

A chiederlo sono gli operatori dell’AMA che continuano a prelevare col porta a porta i rifiuti anche da abitazioni dove risiedono persone infette o in sorveglianza attiva. L’azienda solo da ieri sta avviando a rilento la c.d. “raccolta dedicata” senza neppure comunicare preventivamente le modalità di conferimento dei rifiuti agli utenti contagiati né tantomeno fornirgli i contenitori adeguati.

A chiederlo sono gli autisti del trasporto pubblico tra i quali si continuano a registrare casi di contagio e con le aziende che non garantiscono la sanificazione delle vetture e delle rimesse e consegnano i Dpi con il contagocce. Peraltro, la contrazione del servizio ha spinto Atac ad accedere all’ammortizzatore sociale senza che il Comune pensasse di coprire la parte di salario che centinaia di lavoratori perderanno.

Anche i tassisti chiedono maggiori tutele ed un intervento del Comune sui Dpi che, oltre a essere completamente a carico dei tassisti, sono praticamente introvabili (a prezzi accessibili). Questa assenza di dispositivi risulta ulteriormente gravata dalla mancanza di disposizioni riguardanti l’esigenza di limitare il trasporto a un solo passeggero. E poi c’è il devastante calo dell’attività senza alcuna forma di sostegno economico concreto.

Paradossale poi la situazione dei dipendenti Zetema, costretti a prestare servizio alla biglietteria, in sala o all’accoglienza in Musei chiusi, senza alcuna ragione e soprattutto contravvenendo ai decreti ministeriali sulla sospensione delle attività non essenziali. Anche tra i dipendenti comunali diversi dirigenti irresponsabili continuano ad ignorare le disposizioni date e a sottovalutare il pericolo del contagio obbligando in servizio personale non necessario,fenomeno che si riscontra assai diffuso negli uffici della Polizia locale.

Inoltre ancora non è stata presa in considerazione la situazione in cui versano diverse centinaia di precarie dei Nidi e delle Scuole dell’infanzia a gestione diretta che al momento non possono accedere a nessuna forma di sostegno al reddito, infatti la loro figura professionale non è stata contemplata nel decreto Cura Italia e attendono indicazioni dall’amministrazione capitolina.

Drammatica è poi la situazione che si registra nei servizi socio-assistenziali, nelle case di cura, nelle residenze per anziani e nei centri di accoglienza. Non siamo, per fortuna, di fronte alla strage del Pio Albergo Trivulzio di Milano, ma lì l’utenza e i lavoratori sono a rischio sia per l’età e le patologie pregresse degli ospiti, che per la difficoltà a rispettare le distanze e la scarsità delle misure di protezione. E proprio dove andrebbe esercitato il massimo del controllo, il Comune risulta assente.

Tanta parte del lavoro di Roma è purtroppo lavoro povero. Nel turismo, nella ristorazione, nel commercio, nelle attività di cura e di servizio. Migliaia sono i lavoratori atipici e in condizione di semi-regolarità. Una parte enorme della città che rischia di sprofondare nella miseria. Servirebbe una misura straordinaria che affronti la gravità di questa situazione, magari anche convertendo i tanti utili registrati da un’azienda come Acea di cui il Comune resta azionista di maggioranza. Per coprire affitti, utenze, tariffe. Una misura che giustificherebbe quei poteri speciali per Roma tanto evocati nei mesi scorsi.

Sindaca Raggi, batti un colpo.

USB Federazione di Roma