Così Gabrielli si è opposto ai controlli in casa

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Sarebbe stato un documento firmato dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, a smontare le richieste anticostituzionali del ministro della Salute Roberto Speranza e del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini di disporre controlli in casa per verificare il rispetto del limite di riunione. A ricostruire il retroscena è un articolo de ‘Il Riformista’ dal titolo ‘Gabrielli il poliziotto che ci ha salvato dalla polizia’.

”La meraviglia di certi paradossi – si legge sul quotidiano -. E’ stata la polizia e il ministero della polizia a evitare che l’Italia diventasse uno stato di polizia, dove uomini in divisa possono entrare a qualunque ora nelle abitazioni private per verificare il numero di quanti siedono intorno a un tavolo o davanti a una tv per vedere una partita della Champions”.

Secondo quanto ricostruisce il quotidiano, ”lunedì scorso il premier Giuseppe Conte è in missione a Taranto. Nel pomeriggio tardi si devono riunire a palazzo Chigi i capi delegazione e poi il governo e le regioni, per definire i passaggi del Dpcm. Atteso per quella sera. Arrivano dunque a Palazzo Chigi, lunedì dopo le 18. Conte è di ritorno dalla Puglia. Ha fretta di tornare perché gli giunge la notizia che i ministri Speranza e Franceschini vogliono fare sul serio. Vogliono veramente inserire nel Dpcm, che è un atto amministrativo e non una legge primaria, una forma di controllo dei party privati, in casa e non solo. Il premier vacilla, sa di andare incontro a un casus belli”.

“Ed ecco – secondo quanto riporta ‘Il Riformista – che coinvolge il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese per avere un parere che chiarisca perché questa forma di controllo non è possibile. Di più: anticostituzionale. Da notare che fino a quel momento Lamorgese, ministro dell’Interno tecnico di un governo politico, non è mai stata coinvolta in nessuna delle riunioni preparatorie del Dpcm fin lì convocate”.