Covid, l’analisi: “Ora positivi sono spesso asintomatici”

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“I soggetti che in queste ultime settimane risultano positivi al tampone sono in grande maggioranza asintomatici e non sembrano essere nuovi casi di contagio, ma piuttosto persone che sono state contagiate dal virus Sars-Cov-2 diverso tempo prima del tampone e che risultano ancora positive pur non avendo segni clinici di Covid-19. Almeno in alcuni casi è stato dimostrato che questi nuovi positivi sembrano non essere in grado di trasmettere il virus in quanto al risultato positivo del tampone usando la tecnica Pcr non corrisponde un effettivo isolamento del virus”. E’ l’analisi pubblicata da Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, sulla sua pagina Facebook.

Il tema sono gli ormai famosi tamponi. E ad approfondirlo nella rubrica social curata dallo scienziato – ‘Pillole di ottimismo’ – è un gruppo di colleghi italiani: Ilaria Baglivo, Paolo Bonilauri, Francesco Cecconi, Costanza Maria Cristiani, Silvia Falcinelli, Sara Gandini, Paola Pregel, Clementina Sasso, Luca Scorrano. Gli esperti – biologi, biochimici, epidemiologi – provengono da diversi atenei e centri sparsi in tutta la Penisola e spiegano come sia possibile che persone che hanno contratto l’infezione diverse settimane prima del tampone risultino ancora positive.

La tecnica utilizzata per rilevare la presenza del virus nei tamponi (‘Real time’ Pcr) “è molto usata” da anni, amplifica “in modo esponenziale tracce di materiale genetico” presente nei campioni ed è capace di rendere “pertanto ‘rintracciabili’ quantità anche infinitesimali di materiale genetico di Sars-Cov-2 presenti nei tamponi di alcuni individui”. La potenza è tale da “ottenere miliardi di molecole bersaglio a partire teoricamente da una singola presente nel campione da analizzare”.

I grandi vantaggi di una tecnica di amplificazione estremamente sensibile, spiegano gli scienziati, “vanno però ‘gestiti’ e il risultato di una amplificazione di tracce infinitesimali di materiale genetico va adeguatamente interpretato”. C’è infatti un parametro (Ct, Cycle treshold), che dà un’indicazione importante: più è alto, minore è la quantità di materiale genetico contenuto nel campione analizzato. I tamponi delle ultime settimane mostrano che “i positivi di oggi possono essere ‘diversi’ da quelli dell’inizio della pandemia”. Questo lo suggeriscono alcuni studi preliminari in via di pubblicazione.

Si tratta di studi secondo cui “i tamponi positivi che si vedono oggi sembrerebbero contenere meno materiale genetico di Sars-Cov-2 di quanto fosse presente nei campioni analizzati all’inizio della pandemia”, dicono gli esperti nella loro analisi. Per capire come è possibile che un tampone resti positivo per settimane in persone senza alcun sintomo di Covid, basta pensare che “cellule dell’epitelio respiratorio che contengono frammenti amplificabili di virus potrebbero rimanere nell’epitelio per diverse settimane, visto che la loro emivita sembra essere tra i 30 e i 90 giorni. Per questo in soggetti che sono stati infettati, questo processo di ‘smaltimento’ progressivo sia del virus che delle cellule epiteliali infettate può durare per un certo tempo”.

Per gli scienziati autori dell’analisi, è fondamentale che si facciano studi su questi aspetti. “Da notare che se i tamponi risultati positivi in soggetti asintomatici nelle ultime settimane della pandemia contengono in media relativamente poche molecole bersaglio di Sars-Cov-2 (probabilmente derivate da frammenti di virus ‘morto’ e quindi incapace di replicarsi) è molto probabile che questi soggetti si siano infettati molto tempo prima e non siano più in grado di trasmettere la malattia”. I risultati di laboratorio, concludono gli esperti, “‘raccontano’ sempre una storia, bisogna solo aver voglia di ascoltarla ed essere in grado di capirla”.