Crolla in Italia la fiducia di consumatori e imprese, si teme lunga crisi

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Crolla in Italia la fiducia dei consumatori e delle imprese a marzo per effetto dell’emergenza coronavirus. L’indice del clima di fiducia dei consumatori elaborato dall’Istat è sceso da 110,9 a 101, mentre quello del clima di fiducia delle imprese è passato da 97,8 a 81,7. “L’emergenza sanitaria e le conseguenti misure di contenimento adottate dal governo per limitare il contagio hanno pesantemente influenzato il clima di fiducia degli operatori economici”, ha commentato l’Istituto di statistica, spiegando che la rilevazione dei dati è stata effettuata tra il 2 e il 13 marzo 2020.

Gli indici, ha proseguito l’Istat, “nel mese di marzo raggiungono livelli particolarmente bassi sia per le imprese sia per i consumatori, portandosi sui valori registrati, rispettivamente, a giugno 2013 e gennaio 2015. Per quanto riguarda le imprese, nella manifattura, nei servizi e nel commercio al dettaglio si rileva una forte flessione delle aspettative, mentre i giudizi sulla situazione corrente subiscono un calo contenuto. Per quanto attiene ai consumatori, si evidenzia la caduta del clima economico e futuro che raggiungono il minimo da maggio 2013”.

Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono risultate in flessione, ma l’intensità del calo è stata marcata soprattutto per il clima economico e futuro, mentre il clima personale e quello corrente hanno registrato diminuzioni più contenute. Più in dettaglio, il clima economico
è passato da 121,9 a 96,2, il clima personale da 107,8 a 102,4, il clima corrente da 110,6 a 104,8 e il clima futuro da 112 a 94,8.

Per quanto riguarda le imprese, le stime dell’Istituto di statistica hanno evidenziato un calo molto ampio della fiducia soprattutto nei servizi (l’indice è sceso da 97,6 a 79,6), nel commercio al dettaglio (da 106,9 a 97,4) e nella manifattura (da 98,8 a 89,5). Invece, nel settore delle costruzioni l’indice di fiducia ha mostrato una flessione decisamente più contenuta da 142,3 a 139.

Più nel dettaglio, nell’industria manifatturiera sono peggiorati i giudizi sugli ordini e le scorte di prodotti finiti sono state giudicate in lieve accumulo; le attese di produzione hanno subito un drastico ridimensionamento. Per le costruzioni, l’evoluzione negativa dell’indice è stata determinata dal peggioramento dei giudizi sugli ordini e, soprattutto, dalla diminuzione delle attese sull’occupazione presso l’impresa.

Mentre nei servizi di mercato la brusca diminuzione dell’indice è stata determinata dalle aspettative sugli ordini, in forte diminuzione. Per quanto riguarda il commercio al dettaglio, i giudizi sulle vendite sono risultati in lieve aumento, le scorte sono state giudicate in decumulo e le attese sulle vendite hanno registrato una forte caduta. Infine, a livello di circuito distributivo, i giudizi sulle vendite sono in miglioramento sia nella grande distribuzione sia in quella tradizionale. La flessione delle attese sulle vendite è più contenuta nella distribuzione tradizionale.

“A far crollare la fiducia è il fatto che oltre la metà delle aziende (51%) ritiene che l’impatto economico negativo sia purtroppo destinato a durare nel tempo”, ha spiegato Coldiretti/Ixè. Infatti, quattro aziende su dieci (41%) hanno registrato difficoltà economiche nella propria attività per effetto dell’emergenza coronavirus. Tra le imprese lasciate aperte in Italia circa il 50% lavora per garantire le forniture alimentari alla popolazione con oltre un milione di realtà divise tra 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita, tra ipermercati (911) supermercati (21101), discount alimentari (1716), minimercati (70081 e altri negozi (138000).

La filiera alimentare continua a operare con 3,6 milioni di persone con un valore dai campi agli scaffali, ha precisato la Coldiretti, pari a 538 miliardi di euro, il 25% del pil”. Anche per il Codacons il coronavirus “uccide le aspettative di consumatori e imprese sul futuro personale e su quello del paese. Sono state così smentite le errate previsioni, comprese quelle di alcune unioni dei consumatori, che nelle settimane scorse parlavano di effetti limitati del coronavirus su famiglie, prezzi e imprese”.

Mai, dall’inizio delle serie storiche, iniziate nel gennaio 2015, “si era avuta una caduta così ampia, pari a 9,9 punti percentuali”, ha rilevato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. E’ stato “battuto il precedente record, registrato nell’aprile 2012, quando ai tempi delle stangate del governo Monti ci fu un calo di 7,3 punti”, ha ricordato Dona, aggiungendo che si tratta di “una diminuzione inevitabile, considerato che si tratta di una situazione d’emergenza che non ha precedenti storici, da dopo la seconda guerra mondiale in avanti. Il punto è se nel mese di aprile ci sarà una ripresa o un’ulteriore discesa, perché allora il crollo della fiducia potrebbe tradursi in un ulteriore peggioramento delle già precarie condizioni reali del Paese”.                                                                                                             di Francesca Gerosa