Csm dilaniato, anche riunioni notturne per pilotare le nomine

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Secondo quanto dice l’accusa l’ex consigliere del Csm Luca Palamara agiva soprattutto di notte. Riunioni a tarda sera in un albergo della Capitale, durante le quali l’ex presidente dell’Anm tesseva la sua rete per pilotare le nomine e “farla pagare” a Pignatone e al suo principale nemico: l’aggiunto Paolo Ielo, reo di aver trasmesso ai colleghi di Perugia gli atti che lo potevano accusare di corruzione. È una fitta trama di incontri, promesse e favori quella che emerge dagli atti processuali trasmessi dai magistrati di Perugia al Csm e al ministero della Giustizia. Così la descrive il Corriere della Sera: La riunione per chiudere la partita del procuratore di Roma si svolge a tarda sera in un albergo romano. Nella stessa saletta ci sono il magistrato Luca Palamara, i due parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri, e cinque consiglieri del Csm. Due — si è scoperto ieri — sono Gianluigi Morlini di Unicost e Paolo Criscuoli di Magistratura indipendente, che per questo hanno deciso di autosospendersi. E hanno reso ancor più drammatica la crisi all’interno dell’organo di autogoverno dove si era già dimesso Luigi Spina — indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto — e si erano autosospesi Corrado Cartoni e Antonio Lepre.

Le trattative per le nomine ai vertici degli uffici giudiziari — la Procura della Capitale, ma anche Perugia e Brescia — sono serrate. Tra il 9 al 16 maggio scorsi sono stati registrati tre appuntamenti, soprattutto di notte. Palamara si presenta come il regista delle operazioni.

In alcuni di questi incontri coinvolge altre persone. Come il presidente della Lazio Claudio Lotito, che lo omaggia di biglietti da distribuire agli amici.

Repubblica racconta, tra le altre cose, il momento in cui Palamara decide di scatenare “la macchina del fango” contro Pignatone e Ielo:

Non esiste fairplay nel Grande gioco. All’avversario, se necessario, vanno spezzate le ossa. E, la mattina del 16 maggio, è quello che Palamara decide di fare. Nella notte che è appena trascorsa, in un ennesimo rendez vous, Luigi Spina lo ha informato che in Consiglio è arrivata la stringata comunicazione con cui, come vuole la legge, il procuratore di Perugia ha comunicato la sua iscrizione al registro degli indagati. A mezzogiorno di quel 16 maggio — come documentano le intercettazioni — Palamara è in procura a Roma e va dritto nell’ufficio del pm Stefano Fava. Ha deciso che la risposta a Perugia debba essere quella “fine di mondo”. La vecchia cara “macchina del fango”. Dunque, sfregiare la reputazione di Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo accusandoli di ciò che pure le carte smentiscono. Palamara eccita Fava, che con Pignatone e Ielo ha un conto aperto e contro di loro ha depositato un esposto al Csm che li accusa di inconfessabili rapporti familiari con i loro indagati nell’inchiesta Amara-Centofanti. Concordano che quella storia debba uscire e che il canale debbano essere due quotidiani: Il Fatto e La Verità.