Cuneo fiscale di Gianfranco Torriero

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(Vice Direttore Generale dell’ABI)

Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

Gli Stati sovrani, come qualsiasi individuo o impresa, sostengono delle spese e debbono trovare risorse per finanziarie tali uscite. Il tutto viene rendicontato in un apposito bilancio.
La spesa può essere finanziata tramite entrate sia in conto capitale (ad esempio per vendita di beni patrimoniali, cioè caserme, società statali, ecc.) sia, in prevalenza, con entrate correnti, connesse con la percezione di tributi: imposte dirette (IRPEF), indirette (IVA), tasse (automobilistiche o scolastiche), contributi sociali (a fini previdenziali, per finanziare le pensioni). La spesa pubblica può essere in parte anche finanziata in deficit, ad esempio con l’emissione di titoli del debito pubblico. In questo modo aumenta il debito pubblico e occorre pagare maggiori interessi, altra voce di spesa dello Stato. Negli Stati in cui è più elevata la spesa pubblica, e quindi le spese per pagare gli stipendi del personale impiegato negli uffici statali, per acquisti di beni o servizi o per effettuare investimenti pubblici (per infrastrutture, edifici, scuole, ecc.) c’è necessità di avere anche un ammontare di tributi più elevato.
Tanto più sono elevati i tributi tanto più è basso il reddito effettivamente percepito sia delle famiglie sia delle imprese.
Un modo per calcolare quanto pesano i tributi (imposte e contributi sociali) pagati da famiglie e imprese è determinato dal livello del cosiddetto cuneo fiscale che è pari alla somma delle imposte (dirette, indirette) e dei contributi previdenziali che gravano sul costo del lavoro. Tali costi sono a carico sia dei datori di lavoro sia dei dipendenti (e dei lavoratori autonomi). Semplificando: il cuneo fiscale è la differenza tra quanto un dipendente costa nel suo complesso all’azienda e quanto lo stesso dipendente incassa, netto, in busta paga. In Italia, come in altri paesi con elevato debito pubblico, questa differenza è molto ampia. Un esempio numerico di questa differenza consente di comprendere meglio questo aspetto: se si considera una retribuzione annua lorda (cioè al lordo dell’Irpef che deve pagare il lavoratore) pari a 100, se il costo complessivo pagato dall’azienda per quel lavoratore (cioè includendo gli oneri contributivi e le imposte) è 133 e l’importo che entra in tasca al lavoratore al netto della fiscalità e della contribuzione previdenziale è 60 allora il cuneo sarà pari alla differenza tra 133 e 60 ovvero 73. In questo caso il costo del lavoro è più di 2 volte il valore della retribuzione netta.