Da qualche settimana si è rianimato il dibattito sul mondo del lavoro

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Ma come al solito viaggia in senso antiorario

Perché il punto, secondo alcuni, sarebbe che i disoccupati, forti del reddito di cittadinanza, si permetterebbero il lusso (pensate) di rifiutare un lavoro.
Constatazione che (di solito) porta con se un giudizio morale negativo ma che (frequentemente) omette un giudizio sulla qualità del lavoro e sulla qualità del reddito.

Perché vedete, nel Paese che gira al rovescio da decenni manca da altrettanto tempo una riflessione vera sui sogni spezzati, sulla mobilità sociale bloccata, sui lavori retribuiti una miseria, sullo sfruttamento e la totale assenza di rispetto per chi lavora, sui titoli di studio e le professionalità mortificate, su chi vorrebbe fortemente lavorare.
Ma con dignità.

E la dignità non la da un lavoro squallido e pagato male, ma tutta una serie di condizioni, compreso il benessere psicologico, che si pretende di cancellare da un dibattito strozzato, che (per lo più) viene condotto da personaggi e opinionisti improbabili, imprenditori e politici che fanno finta di vivere su Marte

Ma solo quando si tratta dei diritti, dei bisogni e degli interessi altrui. Perché i loro, invece, li curano e conoscono benissimo.

Michele Piras