Davide Casaleggio all’ONU per promuovere la Cittadinanza Digitale

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Se oggi siamo qui è perché, nel corso della storia, le innovazioni tecnologiche hanno sempre portato alla nascita di nuovi diritti e nuovi strumenti per esercitare quelli esistenti. Perché non avere accesso a certe tecnologie significa non poter esercitare pienamente tutti i diritti. La storia ce lo dimostra.

Durante la prima rivoluzione industriale l’invenzione del motore a vapore creò un profondo cambiamento sociale. Soprattutto venne abolita la schiavitù e nacquero nuovi diritti come la cittadinanza senza differenza di razza.

Eppure, a distanza di due secoli, ancora oggi 600 milioni di persone vivono in piccole fattorie senza alcuna meccanizzazione, e 40 milioni di persone al mondo sono in condizioni di schiavitù.

La seconda rivoluzione industriale ha portato l’invenzione dell’elettricità, e del motore a scoppio. Queste innovazioni consentirono l’emancipazione del concetto di lavoro da quello di forza fisica. Le donne potevano lavorare e si arrivò ad una cittadinanza senza distinzione di sesso e furono introdotte le limitazioni del lavoro minorile.
In quegli anni, nacquero le battaglie anche per il libero accesso ai servizi sanitari e ai trasporti che nel frattempo avevano visto miglioramenti epocali.

Eppure ancora oggi una persona su tre nel mondo (2,4 miliardi) non ha acqua pulita e ha problemi sanitari e uno su sei non ha l’elettricità (1.2 miliardi).

La terza rivoluzione industriale ci ha portato Internet e la tecnologia digitale che ha fatto emergere l’opportunità di esercitare con maggior forza diritti pre-esistenti direttamente online.
Come quando si inventarono le biblioteche pubbliche in Inghilterra nel 1757 quando Re Giorgio II diede il permesso di copiare tutti i libri del regno per le sale di lettura utilizzando la tecnologia della stampa di Gutemberg. O più recentemente quando nel 1992 Jean Armour Polly, una bibliotecaria di Liverpool, US, diede l’esempio dando l’accesso pubblico a Internet in biblioteca.

Questa evoluzione coinvolge anche i diritti della Dichiarazione universale dei diritti umani, che oggi sono esercitabili pienamente solo con l’utilizzo di Internet.
La prima e seconda rivoluzione industriale hanno posto le basi per la nascita delle democrazie parlamentari diffusesi tra il 1800 e l’inizio del 1900.
La terza rivoluzione industriale ha creato le basi per la democrazia partecipativa perchè la tecnologia oggi ci fornisce gli strumenti per realizzarla. La delega e la rappresentanza va affiancata, tutte le volte in cui questo è possibile, a una partecipazione diretta delle persone alle scelte importanti per la collettività.

Ad esempio, il diritto “di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti” (art. 21 della dichiarazione dei diritti dell’uomo) oggi si può esercitare con:

– BILANCIO PARTECIPATIVO
A New York, Parigi e Roma e Buenos Aires i cittadini decidono come destinare i soldi del proprio comune. Nel 2018 NY quasi 100 mila persone hanno deciso come destinare per 37 milioni di dollari.

– VOTO ONLINE
In Estonia oltre un terzo della popolazione vota online alle politiche, o per decisioni di un movimento es. su Rousseau abbiamo avuto il record mondiale di partecipazione in un solo giorno ad una votazione online con 80 mila persone che si sono espresse per dare il via libera al governo italiano all’inizio di questo mese.

– AVANZARE PROPOSTE AL PROPRIO GOVERNO O AL PROPRIO PARLAMENTO
Diversi Stati hanno inserito la possibilità di presentare richieste al proprio governo o parlamento direttamente online. In Finlandia il parlamento è obbligato a discutere e votare le iniziative supportate on line da 50 mila persone. In Lettonia sono sufficienti 10 mila firme digitali. In Gran Bretagna petizioni online sopra le 10 mila firme costringono il governo a rispondere, sopra le 100 mila firme possono diventare tema di dibattito parlamentare.

Il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica (art. 20) e il diritto alla libertà di opinione e di espressione […] quello di […] diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo […] (art. 19).

– ASSOCIAZIONI PER IL SUPPORTO AI PIU’ DEBOLI
Le donne in Nigeria si ritrovano on line per darsi supporto su FIN network, un gruppo privato che ha 1,7 milioni di membri. Fondato da Lola Omolola nel 2014 in seguito a un rapimento di 300 bambine da una scuola per mano dei miliziani di Boko Haram.
La libertà di riunione e di associazione oggi passa dalla Rete.

Nel 2007 in Italia abbiamo creato il primo V-day. In un weekend con eventi in tutta Italia mobilitati solo con la Rete raccogliemmo oltre 300 mila firme per una legge di iniziativa popolare per un parlamento pulito. E solo con la rete. Il giorno dopo se ne accorsero anche i giornali. Abbiamo successivamente creato un MoVimento basato completamente sulla Rete che in meno di 10 anni è andato al governo in Italia.

Nel 2008 un programmatore disoccupato è riuscito a costruire la sua campagna on line in Colombia “No more FARC”. 12 milioni di colombiani scesero in piazza. Oggi il mondo intero protesta per la tutela dell’ambiente, sempre organizzandosi online.

Ogni diritto individuale finisce dove inizia quello della comunità, e ogni comunità dovrà decidere dove tracciare questa linea.

Tuttavia tutti dobbiamo preservare TRE PILASTRI FONDAMENTALI per garantire una piena cittadinanza digitale a tutti:

– L’accesso alla Rete libero e gratuito per tutti. Oggi solo metà della popolazione mondiale ha accesso a Internet.
– La formazione sul digitale e sui diritti che vi possono essere esercitati.
– L’identità digitale. Solo con la possibilità per gli individui di dimostrare online la propria identità possono pretendere i loro diritti individuali.

Per esercitare le prerogative che scriviamo nelle carte è sempre stato necessario avere degli strumenti. La tecnologia ci permette di avvicinarci sempre più al nostro pieno esercizio della libertà civica. Dobbiamo iniziare a ideare, costruire, difendere e diffondere questi strumenti.
Sono solo più fortunate le donne nigeriane perchè vivono in uno dei paesi africani più connessi a internet? O i cittadini che vivono a New York, Parigi o Roma che possono decidere come spendere i soldi del proprio comune? O i cittadini finlandesi, lettoni o britannici che possono ricevere una risposta dal loro parlamento? O gli iscritti del MoVimento 5 Stelle che possono scegliere i propri rappresentanti e se allearsi o meno per formare un governo?

Il tempo della sperimentazione è terminato. Le disparità tra i Paesi nell’accesso a diritti fondamentali si stanno ampliando soprattutto in quelli più poveri. Oggi i cittadini sanno che è possibile accedere a questi diritti e dovremmo iniziare a pretendere per tutti l’accesso pieno alla cittadinanza digitale.