Dazi Usa, rischi per l’export veneto

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I dazi che gli Stati Uniti potrebbero applicare ad alcuni prodotti del Made in Italy, come “ritorsione” tra i colossi dell’aviazione Airbus e Boing rischiano di mettere in ginocchio l’export alimentare Veneto.
CIA – Agricoltori Italiani, attraverso il suo centro studi, ha elaborato delle proiezioni sui principali prodotti che verrebbero colpiti dai dazi.

«L’export agroalimentare verso gli USA è stato di 4,2 miliardi di euro nel 2018 – spiega il presidente regionale di CIA Gianmichele Passarini – ed anche il 2019 si è aperto con ottimi dati: tra gennaio e aprile abbiamo esportato per 1,46 miliardi di euro, con una crescita, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dell’8,2% per i prodotti agricoli e del 12,1% per quelli alimentari.
Dobbiamo però sottolineare che un terzo del valore è costituito da vini e spumanti: per la precisione il 35%, per un ammontare di 1,5 miliardi di euro nel 2018. La nostra regione sarebbe la più penalizzata, visto che è capofila nel settore».

I dati riferiti all’anno passato sono eloquenti. «Solo il Veneto ha esportato verso gli USA vini e spumanti per 441 milioni di euro, seguita a grande distanza da Toscana (353 milioni) e Piemonte (215 milioni). Ed è soprattutto il trend di crescita a farci capire quanto i prodotti della nostra regione incontrino il favore del mercato statunitense: siamo passati da 268 milioni di euro del 2013 a 441 milioni nel 2018, quasi il doppio».

Il Veneto sarebbe comunque coinvolto anche con gli altri prodotti alimentari esportati: dall’olio di oliva ai prodotti da forno e farinacei, a quelli lattiero-caseari.

«I dazi sono i peggiori nemici dell’agricoltura italiana da una parte – aggiunge Passarini – e della qualità dall’altra, perché i mercati di sbocco cercherebbero di ovviare comprando merce meno cara ma di un livello sicuramente più basso rispetto a quello italiano. Bisogna invece perseguire la strada degli accordi, anche se con attenzione. Ben vengano quelli in cui è garantita la reciprocità, come dimostrano esperienze positive come quella del CETA con il Canada o il Jefta con il Giappone. No invece a quelli come il Mercosur, che non tutelano le nostre produzioni, che seguono standard e percorsi di qualità ben diversi da quelli di altri Paesi extra-Ue».